The Horizon Report 2011

Disponibile a questo indirizzo: http://net.educause.edu/ir/library/pdf/HR2011.pdf

Queste le tecnologie di prossima adozione secondo il rapporto del The New Media Consortium

  • Meno di un anno
    • Electronic Books
    • Mobiles
  • Da due a tre anni
    • Augmented Reality
    • Game-Based Learning
  • Da quattro a cinque anni
    • Gesture-Based Computing
    • Learning Analytics

Se penso all’introduzione di queste tecnologie nella scuola, almeno quelle di immediata adozione quali i libri elettronici e l’utilizzo del “mobile-learning” mi viene da pensare alla grande sfida che ci attende come docenti. Si tratta infatti di una trasformazione che non prevede la necessità di attrezzature e investimenti da parte delle scuole: libri e telefonini sono e saranno ancora del tutto personali. Ciò significa che, come docenti, non potrempo più nasconderci dietro le inefficienze del “sistema”.

Chi si sente pronto?

Time-to-Adoption: One Year or Less
Electronic Books………………………………………………………………………………………………………………………. 8
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Electronic Books in Practice
? For Further Reading
Mobiles…………………………………………………………………………………………………………………………………. 12
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Mobiles in Practice
? For Further Reading
Time-to-Adoption: Two to Three Years
Augmented Reality…………………………………………………………………………………………………………………. 16
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Augmented Reality in Practice
? For Further Reading
Game-Based Learning……………………………………………………………………………………………………………. 20
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Game-Based Learning in Practice
? For Further Reading
Time-to-Adoption: Four to Five Years
Gesture-Based Computing………………………………………………………………………………………………………. 24
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Gesture-Based Computing in Practice
? For Further Reading
Learning Analytics………………………………………………………………………………………………………………….. 28
? Overview
? Relevance for Teaching, Learning, Research, or Creative Inquiry
? Learning Analytics in Practice
? For Further Reading

Gapminder world ovvero: non ce la passiamo tanto male . . .

Sito veramente assai interessante! Su una mappa interattiva si visualizzano correlazioni tra i parametri economici e demografici dei vari paesi del mondo. Detto così sembra arido argomento da economisti, ma basta appena qualche secondo per rimanerne catturati. Esempio

In questa immagine ogni pallino colorato rappresenta un paese: in blu quelli africani, in arancio quelli europei e così via. Sull’asse orizzontale il reddito pro-capite, sull’asse verticale, in altezza, l’aspettativa di vita. Possiamo ben contenti di vedere che l’Italia è collocata nella parte più privilegiata del mondo: uno tra i migliori redditi procapite e una tra più lunghe aspettativa di vita 🙂

Interessante anche questa seconda immagine:

nella quale vediamo l’andamento degli stessi parametri, ovvero aspettativa di vita in funzione del reddito, questa volta in prospettiva storica, dal 1800 ad oggi. Si vede un andamento sempre crescente, con eccezione, prevedibile, di due brusche discese in corrispondenza dei due conflitti mondiali.

Una esperienza di orientamento

basetta sperimentale usata durante l'attivitàIn qualche caso sarebbe più corretto parlare di vera e propria “campagna acquisti”! Ebbene sì, ci siamo ridotti, a scuola, a contenderci gli alunni, a cercare di salvare il numero di cattedre di un istituto, a tentare di non perdere colleghi o andare in soprannumero (al sottoscritto è già capitato ben tre volte . . .). Così, in questo periodo di preiscrizioni scolastiche, cerchiamo di organizzare quanto possiamo per invogliare gli studenti della terza media a “scegliere noi”.

Al Majorana quest’anno abbiamo deciso di provare ad organizzare delle attività di laboratorio, a far lavorare concretamente a qualche piccola esperienza i nostri potenziali alunni dell’anno venturo, e quindi mi sono trovato coinvolto nell’organizzare un qualcosa di manipolabile e comprensibile per il laboratorio di “elettronica”.

Cosa non facile, nel nostro istituto, dovendo far “concorrenza” agli effetti speciali del laboratorio di chimica, con cambiamenti repentini di colore dei composti, con l’insieme di vetrerie e spettrometri, di molto più spettacolare. Bisognava dunque pensare ad un qualcosa di attraente e insieme significativo del percorso dell’indirizzo “informatica”, qualcosa che potesse essere significativo del rapporto tra elettronica e trattamento dell’informazione, argomento evidente se solo si pensi al mercato dei media digitali, ma assai difficilmente dimostrabile a dei dodici-tredicenni in visita. Con il collega insegnante tecnico pratico abbiamo dunque velocemente realizzato un piccolo lavoro dal titolo: Dado Elettronico ovvero “Codici e Tensioni” , qui scaricabile, basato su un dispositivo fatto da una serie di led colorati disposti a formare i punti di un dado da gioco e da un paio di integrati digitali per generare una combinazione numerica da visualizzare sul “dado”. La dispensina comprende una scheda da far compilare ai ragazzi durante l’attività: si tratta di far coincidere il numero visualizzato sul dado col numero binario a tre cifre riportato su di una apposita colonna. Una volta fatto questo si può constatare che la combinazione in codice binario è esattamente corrispondente, riga per riga, alla combinazione dei collegamenti a 5 volt o a massa dei tre fili usati per “lanciare il dado”; in tal modo risulta evidente che in elettronica trattiamo grandezze elettriche che, opportunamente codificate, consentono il trattamento dell’informazione (mi riferisco qui ovviamente alla natura e al concetto di “informazione elementare”, di codici “fatti da bit”).  Più difficile a descriversi che a farsi e infatti molti ragazzi hanno subito colto il nesso e terminata la compilazione della scheda in un tempo veramente breve.

Per me è stato interessante sia il contatto con i ragazzi di età inferiore a quella dei miei allievi del triennio superiore, sia la piccola sfida intellettuale del pensare e realizzare una attività didattica insieme abbordabile, attraente e significativa; viene da pensare, vien voglia di provare, una generalizzazione del metodo . . . La mia gratitudine a quanti vorranno dare un’occhiata alla dispensa e inviare qualche considerazione.

… adesso i prof ve la faranno pagare!

Sulla scuola, sull’insegnamento, su come poter fare apprendere.

Negli ultimi giorni delle vacanze di natale e capodanno mi è capitato di sentire più volte affermazioni come quella riportata nel titolo: adesso i prof ve la faranno pagare . . . con evidente riferimento al doppio ritorno alla scolastica normalità, dalle feste di calendario e dal periodo di proteste e di occupazioni delle scuole. Periodo, evidentemente (e non senza qualche motivo), considerato “vacanza” anch’esso, sebbene non regolamentare.

Cose del genere fanno pensare. Mi fanno pensare alla qualità del rapporto tra insegnanti e allievi, al vissuto di questo, alla sedimentazione storica delle opinioni in merito a questa critica interazione così caratteristica di una parte importante della vita. L’affermazione starebbe a significare una sorta di conflitto: docenti da una parte, studenti dall’altra. Che si contrappongono per opposti interessi. A ben guardarli, questi interessi, non riesco a vederne la contrapposizione: il processo di insegnamento/apprendimento è un processo di crescita che interessa entrambe “le parti” coinvolte. Entrambe le parti mettono in campo il meglio e il peggio di se stesse: la voglia di capire, di crescere, di saper fare qualcosa. Ma anche la pigrizia, l’annoiarsi, l’ostinarsi su posizioni improduttive o addirittura dannose. Niente di male, siamo degli umani, siamo fatti così! Ma nell’affermazione “ve la faranno pagare” c’è tutto un senso di rivalsa, una voglia di mortificazione. E anche una sorta di legittimazione al ristabilimento di una gerarchia, come se ai ragazzi si dicesse: voi vi siete permessi di non fare scuola, adesso a noi è permesso maltrattarvi. C’è un qualcosa di vendicativo, c’è un qualcosa di represso. Del tutto assente qualsiasi significato pedagogico ed educativo! Attenzione, non vorrei essere frainteso, qualcuno potrebbe essere portato a pensare che sto per affermare che tutti vanno comunque e sempre promossi, che voglio affermare un diffuso e pervasivo “buonismo”.  No, non è questa l’affermazione nè è questo il soggetto. Qui si parla di interazione formativa. Io, adulto, professionista, docente, da una parte; dall’altra adolescenti, a scuola. La correttezza di questo rapporto vorrebbe che non se ne perdessero gli autentici obiettivi: da parte del docente quello di aiutare l’adolescente ad apprendere e a crescere. Per farlo ha bisogno che la sua persona e il suo ruolo godano del giusto rispetto e della giusta considerazione, questo è certo. Ed è giusto intervenire, ove occorre, per affermarlo. Ma questo non può e non deve comportare alcunchè possa assumere i contorni e i modi della rivalsa. Come docenti non abbiamo proprio nulla per il quale “rivalerci” sui nostri alunni.

In parallelo alla riflessione precedente ne sto facendo, in questi giorni, un’altra, anch’essa un pò scoraggiante. E cioè: finite l’agitazione, le manifestazioni, le occupazioni, finito il momento di mobilitazione, ci aspettiamo tutti, sottolineo tutti, che le cose tornino esattamente come prima. E cioè che si torni in classe da una parte ad erogare le stanche lezioni frontali, dall’altra a imparare la lezione per ripeterla come meglio viene al prof. Obiettivo: il 6 ma . . . anche il 5 non è poi così male! In questo io vedo solamente che quanto andiamo facendo viene completamente svuotato di significato. C’è stato un momento di presa di coscienza, o almeno di un tentativo in questa direzione? Com’è possibile che nulla sia cambiato? Torniamo qua al discorso della stratificazione storica, della  percezione delle aspettative che come società nutriamo nei confronti del sistema della formazione. Questo percepiamo: che la scuola sia la noia di una classe come sempre l’abbiamo vista e conosciuta. A questo ci adeguiamo. Conformismo! Cos’altro?

Ultima riflessione, collegata alle precedenti dal filo condutore delle aspettative. Leggo nell’interessante articolo Choices in learning design:

We’re always exhorted to know our “audience” before trying to teach them. Is there someone you can work with who knows the daily life of the people you’re trying to teach? Can you plan in some time to work with them for a day or two?

Can you build up a picture of a “typical” learner or two? It’s really useful to have these pen portrait personas, as it then helps as model to test your ideas against. NB. I linked to the Personas (marketing) article on Wikipedia, as it’s my belief that learning and marketing have similar objectives (to change behaviours).

Il periodo è molto denso: se potessimo vivere un giorno o due alcune giornate a contatto con gli alunni, saremmo molto più informati su come progettare la didattica. Addirittura l’autore propone l’applicazione del concetto di personas come viene declinato dagli specialisti di marketing. Questa idea mi ha provocato un moto di repulsione immediato, tranne poi a riflettere sul fatto che il marketing deve motivare all’acquisto, l’insegnamento alla acquisizione di competenze. L’aspetto motivazionale e di cambiamento del comportamento presenta delle analogie che fanno riflettere.  Interessante anche un commento nel quale si afferma che per quanto belle e interessanti possano essere le teorie pedagogiche e i convincimenti di chi insegna, in nessun caso le si potrà applicare in contrasto con i convincimenti e le aspettative di chi apprende ( e anche, in senso lato, del sistema offerente la formazione).

Ne discende, evidentemente, che la conoscenza dei nostri alunni, false aspettative comprese, se non obiettivo, almeno è un forte prerequisito della progettazione didattica. E questo mi conforta nella convinzione che sia necessario abbandonare il conformismo e affrontare il cambiamento.

Learning and Knowledge Analytics

Ancora un interessantissimo corso di tipo Mooc (Massive open online course) proveniente dagli ambienti dei connettivisti canadesi. Questo il blog di riferimento: www.learninganalytics.net/

Purtroppo so già che non riuscirò a seguirlo, se non marginalmente, ma il tema dell’analisi delle tracce della nostre attività di apprendimento, le “Learning Analytics”, mi sembra assai interessante. Nel syllabus del corso se ne prospetta una possibile applicazione anche nell’ambito che professiopnalmente mi interssa di più, ovvero nel lavoro quotidiano, a scuola, con le singole classi. Riporto qui la presentazione di apertura che è stata resa disponibile:

My PLN (Personal Learning Network)

Una rappresentazione abbastanza accurata ed immediatamente ottenibile della propria rete di apprendimento personale è fornita da TwitterMosaic.

Ecco la mia:

Get your twitter mosaic here.

 

La competenza a scuola, di che si tratta?

Ha avuto inizio oggi (prima sessione delle quattro in programma) il workshop di aggiornamento professionale di psicopedagogia dell’apprendimento tenuto dal Cidi di Palermo alla Scuola Piazzi di via mario Rutelli. Relatore il prof. Mario Di Mauro, Università Ca’ Foscari di Venezia – Centro Interateneo per la Ricerca didattica e la Formazione avanzata.

Il tema è di quelli attuali ed estremamente spinosi, ha fatto notare Di Mauro, schierandosi al contempo tra i crititici dell’adozione del concetto di competenza in ambito scolastico. Motivo: il concetto di competenza deriva da ambiti e ambienti assai diversi da quelli dell’istruzione e della formazione. I modelli di riferimento sono quelli dell’impresa che ha effettivamente bisogno di declinare delle competenze in termini di capacità di soddisfare agli obblighi delle diverse mansioni. A scuola invece le esigenze sono diverse.

La tesi è stata sostanziata dal risultato di uno studio molto approfondito che non sarei in grado di riportare ” a caldo” e senza aver adeguatamente riguardato i materiali che saranno messi agli atti dell’iniziativa. Quello che posso dire stasera è che è stato chiaramente ribadita una sorta di contrapposizione tra la “società della tecnica” e la “società umana della comunicazione”. Che sono stati esaminati i modelli di definizione e valutazione delle competenze di scuola rispettivamente americana e inglese. Che è stato citato il sociologo francese le Boterf, autore di una interessante definizione di competenza che sarà approfondita nei prossimi incontri.

Le mie personali impressioni: la dicotomia “società della tecnica” – “società dell’uomo” mi è sembrata un pò forzata e curvata nel verso della dimostrazione di un teorema per il quale il dominio della tecnica obbliga ad una eccessiva razionalizzazione dell’organizzazione produttiva e alla conseguente costrizione degli esseri umani in ruoli e mansioni  determinati rigidamente dalle esigenze della produzione. La tesi mi sembra un pò stantia e mi ricorda analisi del mondo della produzione di stampo ottocentesco. Sociologi, antropologi, economisti, psicologi ci hanno nel frattempo segnalato tante altre dinamiche, una per tutte: l’uomo consumatore, l’individuo considerato come target del marketing, l’uomo, e soprattutto l’adolescente, per il quale la spinta del mercato ha sostituito la spinta del bisogno e del desiderio. In questo senso economia e finanza credo possa essere considerati attori più pesanti della tecnologia.

Domani alle 15 il secondo incontro.

Il “post” come lezione frontale

E’ da ieri sera che con grande interesse leggo i post di Maurizio Chatel su BlogBooks in the Net.

Soprattutto mi ha colpito l’idea espressa ne L’insegnante liquido

la funzione dell’insegnante acquista di importanza, poiché egli è chiamato, nella lezione frontale – che può avvenire con la semplice pagina stampata del post messa a disposizione di tutta la classe – a fornire le indicazioni di metodo per navigare in modo sensato, per usufruire dei diversi link in modo razionalmente gerarchizzato, per anticipare in modo teorico ciò che gli studenti “troveranno” nella loro navigazione, così da predisporli ad un utilizzo pertinente dei materiali messi a loro disposizione dal testo. Il computer non è affatto uno strumento adatto esclusivamente all’autoapprendimento; esso dev’essere pensato dal docente all’interno di un piano di lavoro che vede nel lavoro in classe la fase formativa essenziale all’uso consapevole di una varietà di fonti e di canali di informazione, di volta in volta selezionati per ogni specifico obbiettivo. Il gruppo classe deve e può rimanere l’ambiente naturale per la formazione, ambiente all’interno del quale la funzione docente come facilitatore si affianca a quella classica dell’esperto in “progettazione” dei percorsi di apprendimento.

ovvero della lezione frontale costituita da un post del blog. La cosa che mi sembra davvero nuova, in questa formulazione, è che si tratta del post concepito non come unità didattica o learning object o comunque come qualcosa che serva a veicolare contenuto. Tutt’altro: si tratta invece di un qualcosa che precisa obiettivi e metodologia. Che fornisca supporto (scaffolding). Ancora di più se lo si considera in ottica connettivista: fornisce un suggerimento per una modellizzazione di uno dei possibili “pattern” della rete conoscitiva.

Learning object chiusi: non sono vera innovazione

E’ quanto sostiene Antonio Fini nel brillante post Learning object e carrozze a motore . Cito una delle affermazioni più significative, una frase che sintetizza e chiarisce in un sol colpo una molteplicità di affermazioni che si vanno facendo al riguardo:

La rete, alla lunga,  implica apertura, è bene ricordarlo. E l’innovazione (quella vera) passa e passerà attraverso l’apertura, inutile opporsi. I cataloghi di learning object  chiusi e a pagamento, anche se di squisita fattura multimediale e sapiente progettazione didattica, non sono vera innovazione, almeno non più di quanto non lo siano state per l’evoluzione della mobilità umana le prime “carrozze a motore”, veicoli certamente legati molto più al passato che al futuro.

Bene, sono totalmente e assolutamente d’accordo!

Questo post di Antonio ha provocato su Facebook moltissime reazioni, un confronto a distanza molto vivace. Val sicuramente la pena di andare a leggerlo: http://www.facebook.com/antoniofini/posts/10150106438362265

Ma c’è ancora dell’altro che ha attirato la mia attenzione:

….mi chiedo sinceramente perché il denaro pubblico debba essere utilizzato per alimentare realtà private (grandi o piccole poco importa…) invece che essere impiegato per incentivare e supportare progetti di produzione di contenuti aperti all’interno del sistema scolastico stesso, ad esempio retribuendo direttamente (e in modo adeguato!) docenti disponibili alla redazione, alla verifica, alla revisione di contenuti aperti auto-prodotti.

Come tutti i docenti della scuola vado infatti riflettendo sulla dinamica della individuazione di docenti soprannumerari. E sulla successiva espulsione dal sistema scolastico. Io, questa faccenda, non la capisco. A meno che non si accetti per buona la filosofia e l’operato di giovani operatori della finanza appena usciti da qualche master più o meno prestigioso: più licenzi, più le azioni salgono, più grasso e ricco sarà il bonus di fine anno. NO, non lo capisco. La scuola NON è una società quotata in borsa. La fuoriuscita di personale docente non produce alcun bonus per nessuno. E allora? S’io fossi il grande imprenditore al governo saprei che le aziende sono basate sul prodotto.  Persino la Fiat, dopo anni di inseguimento dei mercati azionari, è ora ritornata a considerare se stessa in primo luogo come una fabbrica di automobili.  Per produrre ci vuole “know how”. Espellere persone “formate” e competenti mi sembra allora una sorta di pazzia distruttiva. La nota di Antonio mi rinforza quindi ulteriormente nella convinzione che una buona amministrazione della scuola potrebbe ormai prevedere l’utilizzazione di docenti in ruoli diversi da quelli della classica presenza in aula. La produzione di risorse “aperte” ( penso alle cosiddette OER) è solo una delle possibilità. La presenza della rete e delle tecnologie ci consentirebbe di offrire sia materiali che attività formative in modo esteso, poco costoso, fruibile da tutti, orientato alle competenze, perfettamente integrato col sistema del lifelong learning. In questo senso i docenti rimasti privi della classe non andrebbero più visti come privi di scopo, ma come risorsa preziosa da utilizzare per l’incremento e la diversificazione della produzione.

Riflessioni del giorno

A proposito di informazione mi sembra interessante notare la compresenza di due dinamiche differenti, perfino opposte. Su Paola Caruso, il precariato, le reazioni di pancia si parla dell’aspetto emozionale, di come gli articoli vengano scritti “di pancia” e “per la pancia”.

Su Architettura dell’informazione giornalismo e cross-medialità. Dal giornale-cattedrale all’universo liquido il discorso invece è tutto centrato sugli aspetti funzionali e di costruzione del significato. Sottili ( e interessantissime) analisi di come il contenitore (giornale, sito, etc) diventi quadro e veicolo di significato.

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Se è vera la citazione che riporto, intorno al 1600 Galilei aveva già fatto fuori la didattica trasmissiva:

“Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo, puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di se”.
Riusciremo mai a farlo capire ai nostri colleghi?
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Dei miei alunni, quattro classi, nessuno conosce Twitter. Significa qualcosa?