Italy in a day

italyinadaysmallAppena finito di guardarlo, voglio scrivere qualche mia impressione e considerazione prima di andare a leggere cosa se ne dice e prima di cercare qualche dettaglio sulle modalità di realizzazione. L’ho visto oggi, bella la tecnologia, su “replay” della Rai, per fortuna è disponibile! Nonostante l’avessi messo in calendario l’avevo perso, ieri sera…

Mi è piaciuto! I motivi sono tanti, ad esempio il registro linguistico selezionato, la dimostrazione che è possibile realizzare coralmente un’opera cui contribuiscono, letteralmente, decine di migliaia di persone. Mi sono piaciuti i singoli video anche a prescindere dal montaggio complessivo, trovo che siano frutto di sensibilità, di attenzione, di arguzia. Poetico e onirico  il clip girato sulla porta-container in navigazione nell’oceano. E intimo e riflessivo come il monologo della ragazza sotto il lenzuolo.

Bambini, vecchi, disoccupati, in salsa di buone intenzioni, si potrà dire che costituiscono semplici ed efficaci ingredienti per il confezionamento di un prodotto accattivante ai limiti del ruffiano ma la mia sensazione è che realmente il film contenga molto di più: una non banale ventata di ottimismo anche quando provata dalle difficoltà dell’esistenza, l’assenza di retoriche individualiste, il tentativo di guardarsi dentro. E poi tanta amorevolezza, tanta disponibilità, tanta socialità. Perfino della saggezza.

La mia curiosità adesso, non so se riuscirò a soddisfarla, è quella di capire se ciò che ci è stato mostrato riflette la sostanza e il messaggio dell’insieme delle clip prodotte e inviate. Vorrei sapere insomma se la regia ha rispettato il messaggio emergente dall’insieme degli autori o se ha compiuto una operazione di curvatura, piegamento ed edulcorazione.

Per il momento mi piace pensare, al di là delle beghe politiche, degli abbaiamenti delle trasmissioni televisive di pseudoconfronto, di una ansiogena modalità comunicativa dei media, che si tratta del frutto genuino della migliore, attuale e popolare cultura italiana.

Il tunnel dell’economia

Leggo l’editoriale di Scalfari odierno (17 agosto) nel quale brillantemente si tratta, tra l’altro, della differenza tra depressione e deflazione, delle cause e degli effetti dell’una e dell’altra, di come entrambe contribuiscono al declino complessivo dell’economia italiana, di come si potrebbe/dovrebbe operare a livello tecnico e politico per far fronte alla situazione. Limpido, chiaro, efficace.
Non posso però fare a meno di constatare, ancora una volta, che, ammesso che esista un modo per far riprendere le economie europee, tale processo viene concepito e messo in atto nelle modalità storiche che lo hanno determinato. Sicuramente si ripresenterà e forse in forme anche più gravi.
In ogni caso si tratta di un processo basato sull’incremento della produzione e dei consumi secondo aspettative e teorie risalenti al periodo nel quale si poteva ancora credere che le risorse naturali e ambientali fossero tanto grandi da potersi, ai fini pratici, considerare infinite.
Quanto queste convinzioni siano diventate drammaticamente inattuali è così evidente che non si richiede alcuno sforzo esplicativo epperò sembra che non possa esistere nessuna alternativa al modello economico vigente. Che significa affermare che non esiste la possibilità di evitare il disastro ecologico ed ambientale tipico delle dinamiche puramente zoologiche, il disastro delle sovrappopolazioni. Ovvero: se non ci fermiamo da soli, sarà l’ambiente a farlo, come sempre accade in natura. Peccato che si tratta di passare da milioni (miliardi?) di morti, da spaventose guerre e violenze e sofferenze inenarrabili.
Mi sembra una logica tossica e da tossicomane, forse oltre il tunnel dell’eroina esiste anche un collettivo tunnel dell’economia 🙁

Genitori e figli al tempo dei video hard

Sul suo blog Muraglia scrive Genitori e figli al tempo dei video hard, attenta riflessione sul recente accadimento a Palermo che ha generato una escalation di pubblicazione su tutti i giornali locali e su molti di quelli nazionali, compreso alcuni giornali “tecnici” del mondo della scuola.

Concordo e rilancio quanto detto. Come osservatore delle implicazioni e conseguenze dell’uso delle tecnologie e dei media vorrei solo aggiungere una considerazione. Comportamenti come quelli descritti non sono (o semmai solo in minima parte) da imputare alla disponibilità di smartphone e connettività. Molto più determinante mi sembra la diffusione (vedi anche MTV) di “reality” nei quali comportamenti altrimenti visibili solo nei porno professionali vengono invece tranquillamente diffusi persino in orari “non protetti”. Se pensiamo al relativo potenziale di imitazione non possiamo che deprecare.

Sostanzialmente si tratta ancora una volta di quanto correttamente descritto da Galimberti: il “mercato”, assai lontano dall’essere questo ideale mediatore delle dinamiche sociali, si sostituisce al bisogno degli individui, surrogando negli adolescenti la ricerca del “sè” e imponendo loro di fatto modelli di vita e di consumo che non esitano a degenerare in comportamenti sin’ora considerati quanto meno sconvenienti.

Dottori di ricerca a scuola (!)

Continua sui giornali italiani la cattiva abitudine di dar spazio ad articoli sulla scuola scritti da persone che di scuola non hanno una specifica esperienza. Questa volta non posso non notare sul Sole 24 Ore Rivoluzionare la scuola – una proposta, titolo che mi suscita subito grandi speranze: finalmente qualcuno che ha capito che bisogna cambiare tutto, ho pensato. Invece la proposta è piuttosto modesta: coinvolgere in qualche modo i dottori di ricerca nella scuola… Detto così è davvero troppo vago: perchè proprio i dottori di ricerca? Si tratterebbe di coinvolgere i dottori di qualsiasi ambito disciplinare? E che c’entrerebbe un dottore in entomologia agraria nella elaborazione di un curricolo con tanto di metodi e strategie didattiche? Quali sarebbero i compiti, quali le modalità di coinvolgimento nelle strutture scolastiche? Le domande possibili sarebbero ancora assai numerose, ma tanto basta ad osservare l’esiguità della proposta.
Mi permetto qui di esortare l’autore dell’articolo ad una frequentazione di una serie di testi e di ambienti di informazione e dibattito di grande spessore, a partire ad esempio da “La testa ben fatta” di Morin, testo ispiratore dell’unica idea di reale cambiamento nella scuola italiana, soprattutto riguardo l’approccio disciplinare, certamente negli oltre venti anni di mio personale servizio ma, temo, anche da molto prima. E poi certamente consiglierei la frequentazione di insegnareonline, la rivista del Cidi – Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.

Una improvvisa illuminazione

Ho recentemente letto “Marha Quest” di Doris Lessing, libro che mi è molto piaciuto, ne consiglio senz’altro a tutti la lettura. Voglio qui annotare per me e condividere con tutti la presenza di un brano che descrive mirabilmente un vero e proprio fenomeno di illuminazione, per altro non cercato né perseguito, dalla giovane protagonista. Si tratta di una illuminazione innescata dal contatto diretto con la campagna e con la natura, piuttosto cruda nel suo svolgimento, profondamente essenziale. Al di là della maestria dell’autrice e dalla inusualità del fenomeno, mi ha fatto molto piacere ritrovare qualcosa nella quale profondamente credo, qualcosa che in me ha sempre provocato forti risonanze.
Qui di seguito il brano.

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Capita a tutti . . .

. . . di dir fesserie . . .
Questa volta c’è incappato Alessandro Baricco, autore che io per altro amo e apprezzo, uomo arguto, intelligente e affabulatore formidabile. Oggi ci fa scoprire su Repubblica l’esistenza di una fotografa “inconsapevole” se così si può dire, una straordinaria donna che per campare faceva la “tata” e per passione scattava foto per le strade della città (si veda www.vivianmaier.com e Vivian Maier (1926-2009). A Photographic Revelation per saperne di più sulla sua vita e sulle sue opere). Lo fa come al solito in modo estremamente interessante e accattivante, lo fa restituendo la magia della vita e l’importanza dell’opera della Maier. Peccato che sul finire dell’articolo si lasci così andare:

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Sinceramente non capisco in cosa possa consistere la “vigliaccheria del fotografare digitale”!

Leggi tutto “Capita a tutti . . .”

Logaritmi e sveglie appese al collo

E così anche Odifreddi ha perso oggi una buona occasione per tacere! E lo fa nel peggiore dei modi: aderendo alla pratica della inutile lamentazione. Nel suo articoletto su R2 esprime disappunto per la disabitudine ad usare i logaritmi, sostituiti, a suo dire, dal computer. A parte il fatto che non è vero, semmai è la raccolta delle tavole dei logaritmi ad essere stata sostituita dal computer, cioè il modo di calcolo e non il logaritmo come strumento, non si accorge che la stragrande maggioranza dei suoi lettori, in questa italia ancora così fortemente crociana e gentiliana, non è in grado, per ignoranza, di comprendere “l’estetica logaritmica” invocata. E volendo prescindere anche da questa cruciale mancanza di valutazione, fa veramente un gioco offensivo (anche del selvaggio):

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Tra l’altro tutta la sua posizione è del tutto inutile: nemmeno lui stesso lascerà la calcolatrice per tornare al regolo! Molto più intelligente sarebbe invece domandarsi come trarre vantaggio dalla situazione che si è venuta a creare: maggiore velocità, maggiore precisione, maggiore economicità, etc. Forse minore consapevolezza, questo si. Allora sforziamoci di crearla, questa consapevolezza, tirare in basso certo non serve.

Incompetenza

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Nonostante le personali scaltrezze siamo un popolo che non sa piú fare nulla, o quasi. Attenzione, uso l’espressione “non sa fare” e non “non sa” , proprio ad indicare quello che ormai sotto gli occhi di tutti è un gigantesco problema di gap di competenza. Lo sperimentiamo tutti i giorni: se andiamo in un ufficio pubblico per una pratica nessuno ci sa dire, esattamente, quale debba essere il suo iter; se, sul lavoro, ci rivolgiamo al nostro dirigente, rischiamo davvero di rimanere delusi; nell’ambito della scuola, quello che conosco meglio, non si può certo dire che noi prof conosciamo davvero le norme stesse che regolano la vita scolastica. Oppure magari sappiamo tutto dei classici greci o dell’informatica, ma sconosciamo metodi, tecniche e sistemi di insegnamento che pure dovrebbero essere il nostro pane quotidiano. E, se mi capita di parlare con giovani dei paesi di un territorio a parco naturale, mi rendo subito conto che non hanno la più pallida idea di come cominciare a pensare uno sviluppo ed una attività economica che si fondi sulle peculiarità del loro territorio. Così è in tutti campi (non sarebbe vano toccare anche l’ambito delle nostre rappresentanze parlamentari, sempre rimamendo nell’ambito scolastico non posso che riportare le drammatiche evidenze di incompetenza di tutti gli ultimi ministri. Al di là delle loro intenzioni, ascoltare un loro intervento significa avere subito chiarissimo che non hanno la più pallida, lontanissima, idea di cosa stanno patlando…), inutile dilungarsi con ulteriori esempi: molte competenze sono scomparse con le persone che le esercitavano, altre sono diventate obsolete. Ne servirebbero di nuove, idonee ad affrontare le attuali esigenze economiche e il particolare momento sociale. Insisto, non si tratta (solo) di “saperi”! In questo la scuola ancora qualcosa riesce a fare! Si tratta di come usarli, questi saperi, come “fare sistema” in modo virtuoso, quali criteri, quali ideali, quali metodi prediligere per il loro utilizzo in casi concreti, i momenti nei quali dai saperi si passa alle realizzazioni e ai ritorni economici. I risultati dell’indagine qui sopra riportati dunque non mi sorprendono per niente.
Un contributo a queste riflessioni, l’ho recentemente trovato nell’intervento di Baricco a Firenze, in occasione della Repubblica delle Idee, intervento ricco di spunti, il primo dei quali riguarda proprio la “educazione”, ma intesa in senso lato di “formazione”.

Questo l’intervento:
http://video.repubblica.it/dossier/repubblica-delle-idee-2013/rep-idee-baricco-le-parole-da-cui-ricominciare–tutta-la-lezione/130954/129460

http://flv.kataweb.it/player/v4/player/player_v1a.swf

Della scuola, vi scongiuro, dimenticatevene!

A tutti sia consentito parlare di tutto, ci mancherebbe altro! E quindi a tutti è consentito parlare della scuola e di qualsiasi altro argomento possa venire in mente.
Se però un intervento di un illustre e stimato intellettuale viene veicolato da un giornale a grande tiratura la prudenza si rende necessaria e soprattutto si rende necessario il senso e la coscienza di cosa sia opportuno o meno.
Mi riferisco all’intervento di ieri (20 settembre 2013), su Repubblica, di Massimo Recalcati, psicoanalista innovativo di grande e meritata fama che invita i docenti a non fare, in classe, gli psicologi. Ovvero, giustamente, di astenersi dal fare gli psicologi da strapazzo a danno dei malcapitati studenti. Assolutamente daccordo: chi, come me, entra in classe ogni giorno da oltre vent’anni classifica questa convinzione tra quelle sulle quali c’è assoluta chiarezza.
La stessa chiarezza Recalcati mostra chiaremente di non possedere quando si spinge a dire ai docenti anche dell’altro, quando si spinge ad una critica dell’azione didattica rifacendosi direttamente, come accade a quanti non siano specialisti del settore istruzione, alla propria personale esperienza di ragazzo! My god, sarebbe come dire che chiunque di noi sia stato curato da qualche malattia (chi non è mai andato dal medico?), per questo solo fatto è autorizzato e titolato a raccomandare come debba essere svolta la professione medica! E nel caso di aver subito un’operazione? Ci intenderemmo di chirurgia?
Ovviamente le cose non possono stare in questo modo e la palese incompetenza di Recalcati a proposito di scuola si manifesta drammaticamente quando cita “i contenuti dei programmi ministeriali”, rifacendosi ad un concetto gentiliano ancora in adozione negli anni 70 ma ormai abolito da non so più quanto tempo! Potremmo andare avanti, perchè il nostro si spinge a parlare di cognitivismo e di nozionismo confondendo, temo, teorie della conoscenza e pratiche e metodologie didattiche, cita Socrate e l’informatizzazione, tutto toccando sino ad augurare, ad ogni studente, di incontrare la propria Giulia, carismatica docente fasciata da “tailleurino” grigio… Mi unisco senz’altro a questo augurio di erotizzazione scolastica, ma, allo stesso tempo, prego tutti: per favore, dimenticatevi della “vostra scuola”, anzi, dimenticatevi della scuola del tutto! Il danno sarebbe senz’altro minore!

A cosa serve la scuola?

Ho appena finito di leggere qualcosa che sta avendo, almeno a giudicare dai commenti e dai tweets, notevole successo anche in Italia. Si tratta del testo (rilasciato come Oer) “A cosa serve la scuola? Non rubate i sogni” di Seth Godin. Annoto qui di seguito alcune mie insignificanti riflessioni in merito.

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