Il decreto del 1 settembre

Si, quello della gelmini, emanato in virtù della delega al governo, e quindi mai discusso in parlamento. Ebbene: l’art. 2 è intitolato Valutazione del comportamento degli studenti.

L’articolo impone l’utilizzo del voto in decimi e prescrive il raggiungimento del 6 per la promozione alla classe successiva. Ho notato che gli interventi sui media hanno solamente messo l’accento critico su questo aspetto della valutazione in decimi, tralasciando invece di notare ( e di interpretare) l’utilizzo della parola “comportamento” e la assoluta mancanza di qualsiasi cenno relativo ai cosiddetti obiettivi dell’area affettiva, obiettivi oggetto della programmazione del Consiglio di Classe a pari merito con quelli squisitamente “disciplinari”, la valutazione dei quali era poi sintetizzata dal “voto di condotta”.

Mi sembra che questo sia un punto molto più dolente della semplice reintroduzione della valutazione “numerica”, che poi, in fondo, così male non é, avendo quanto meno il pregio della estrema sinteticità; succede a tutti gli insegnanti che, a seguito lettura del giudizio di un alunno, i genitori abbiano fatto la domanda: insomma professore, al 6 ci arriva mio figlio? Dimostrando in questo modo che sul numero è impossibile il difetto di interpretazione . . .

Dunque non si parla più di obiettivi dell’area affettiva ma semplicemente di comportamento: sarà un caso? Credo proprio di no! Piuttosto credo si tratti, da una parte, di pura e semplice ignoranza del funzionamento della scuola, ignoranza che induce al classico concetto di “comportamento”: se ti comporti bene, ovvero se non disturbi e stai fermo e zitto per tutto l’orario scolastico, sei “bravo”. Magari poi non ascolti, magari non fai i compiti a casa perché non ne hai voglia o perché hai delle difficoltà ( eventualmente relazionali o familiari), ma sei bravo lo stesso. Valutare il comportamento significa quindi abolire il tentativo di intervenire sul benessere della persona (valutato in termini di capacità e qualità di partecipazione all’intero insieme del processo formativo) e porre tutta l’attenzione al rispetto del ruolo (io, docente, parlo; tu, studente, ascolti . . .) nel senso più classicamente gerarchico.

E sin qui, per quanto non condivisibile, si tratta di una politica “di destra”, cosa che, evidentemente era attendibile da un governo dichiaratamente tale.

Dall’altra parte c’è la mancanza di qualsiasi cultura “sistemica”, ovvero di qualsiasi conoscenza dell’approccio al funzionamento di una organizzazione descritta dalla analisi del funzionamento e delle interazioni tra le sue varie parti. La scuola quindi vissuta non più come sistema che si organizza in base a delle risorse e a degli obiettivi, ma, ancora una volta, come una sorta di caserma dove c’è chi comanda e c’è chi obbedisce.

E questo, mi si perdoni la presunzione, non è di nè di destra, nè di centro, nè di sinistra: mi pare solamente stupidità!!!