Berlusconi, il cognitivismo e il connettivismo.

Mi sono domandato, negli ultimi anni, come sia potuto accadere che affermazioni come “ho sconfitto il comunismo in italia” abbiano potuto trovare accoglienza e credito nella pubblica opinione nonostante la loro palese incosistenza. Le letture proposte dal corso sul “connettivismo” mi stanno sollecitando, al proposito, alcune riflessioni.

In accordo al cognitivismo, noi conosciamo qualcosa quando riusciamo a esprimerla con le parole e con il linguaggio: in questo senso “conoscere” significa, in qualche modo, creare una corrispondenza tra le strutture semantiche e lo stesso pensiero formulato dalla mente.

Secondo il connettivismo, invece, l’attività del conoscere consiste nella creazione di strutture a “rete”: in tali strutture ogni nodo della rete costituisce una informazione e le modalità con le quali queste informazioni vengono connesse determinano le modalità stesse del conoscere. Si capisce molto bene l’utilità di questa teoria quando si osserva come persone diverse imparino “cose diverse” anche a partire dalla stessa identica base informativa: ogni persona infatti creerà diverse modalità di connessione e diversi pattern di interpretazione.

Sulla base di quanto appena detto, sembrerebbe che la formazione della pubblica opinione sia molto sensibile alle dinamiche di tipo cognitivista: l’intera carriera politica Berlusconiana è stata costellata da affermazioni – come quella sopra citata – che sul piano squisitamente semantico conservano intatto il loro potere descrittivo. Anche a dispetto del fatto che in Italia i comunisti sono praticamente scomparsi ( certamente hanno terminato di costituire un pericolo) almeno dagli anni 70, quando Berlinguer escogitò la formula del “compromesso storico”. Se l’atteggiamento intellettuale di massa fosse più “connettivista”, l’affermazione “ho sconfitto il comunismo” sarebbe immediatamente stata confrontata con le informazioni relative alla non esistenza di un pericolo comunista per l’Italia e avrebbe subito rivelato la sua evidente infondatezza.

English ( I apologize for this . . .)

During the last years I frequently asked myself how statements like “I defeated comunism in Italy” had been considered “true” by the public opinion, in spite of their evident flimsiness. Lectures from Connectism Course are bringing to me some new considerations.

According to cognitivism, we “know” something when we are able to describe it with words and language: according to that, “knowing” mean, anyway, making a corrispondence between the semantic structures and the thoughts of our minds.

According to connettivism, knowing lies in making networks: into this kind of networks, data are linked and organized in “patterns”. The process of pattern creating is “learning”. It’s possible to understand very well the validity of such a theory: if different individuals are provided with the same knowledge base, they will learn “different things” because they will grow different patterns.

So, probably, public opinion shapping is a “cognitivist process”: the whole Berlusconi’s political career is full of statements – like the above one – perfectly acceptable if strictly examined by the semantic point of view. In spite of the fact that “communism”, in italy, stopped to be considered a danger from the late ’70, when Enrico Berlinguer proposed the “compromesso storico” (historical compromess).
If the mind-set of the masses would be more “connetivist”, the statement ” I defeated communism” would be immediatly linked with data showing the absence of communism in Italy, and then it would be, with no doubt, be considered totally no-consistent.

Very first thoughts

Just started Connectivism & Connettive Knowledge on line course, so I’m reading and reading  . . . I found really interesting the idea that “knowledge” is a sort of a process of neuronal network growing in the brain. According to that, mind is a sort of analog “image” of the world we experience in our life.

Italian

Sono alle prime letture del corso on line Connectivism & Connettive Knowledge. Mi sembra molto interessante pensare alla conoscenza come frutto di una attività di creazione di reti, anche a livello di attività neuronale! Verrrebbe addirittura da pensare alla conoscenza come la formazione, a livello neuronale, di una sorta di “immagine” del mondo che ognuno di noi sperimenta nel corso della sua esistenza.