Le campagne degli Iblei

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Le campagne degli Iblei nei dintorni di Sortino sono sempre state la mia seconda patria. Forse forse anche la prima, di patria, quel territorio cui si sente maggiormente e visceralmente di appartenere. Sarà perchè c’ho passato le mie estati di ragazzino, sarà per il profumo della terra pietrosa e delle erbe asciutte, quei luoghi continuano ad esercitare su di me un fascino misterioso ed un certo struggimento. Non mi stanco di guardarli, di esplorarli.
La cosa che ho percepito di più in quest’ultimo periodo è stata la ricchezza dei segni della storia dell’uomo, segni chiaramente leggibili, alcuni, altri più nascosti. Ad esempio la diffusione delle sepolture nella roccia, diffuse ovunque, diffuse in un territorio assai più vasto di quello dell’ormai famosa Pantalica (patrimonio dell’umanità insieme ad Ortigia).E sono sepolture di tutte le epoche: preistoriche, romane e bizantine, per lo più sulle pareti di roccia che costeggiano i corsi dei fiumi. Oppure la diffusa presenza di masserie antiche, alcune anche fortificate, il cui stato di rovina sembra urlare contro l’indifferenza che ne ha causato l’abbandono. La loro posizione, osservata unitamente alla disposizione degli immancabili muretti a secco, dei “roccari” (cumuli di spietramento a volte organizzate in semplici forme architettoniche), dei residui di terrazzamento, delle specie vegetali residue: ora mandorlo e olivo, ora qualche cereale inselvatichito, il noce dove c’è l’acqua, suggeriscono la presenza di piccole comunità che di quelle risorse, oggi per noi assolutamente irrisorie, facevano sostentamento vitale. Altri segni sono decisamente più nascosti e si rivelano per lo più lavorando la terra: per esempio i bossoli dei colpi sparati dagli americani nel primo avanzare dopo lo sbarco (non è lontana la masseria di Cassibile ove fu firmato il trattato), oppure cocci di terracotta di epoche lontane, frammenti di pietra lavorata. Al fascino di queste scoperte concorre grandemente anche la morfologia del territorio: assolati pianori delimitati e solcati da ripide e tortuose cave dei fiumi, aree asciutte contro piccoli paradisi verdi e ricchi di acqua. Zone calcaree dalle quali improvvisamente emergono affioramenti di lave di antichissimi vulcani.
Tutti questi luoghi sono stati abitati e usati sino a non molto tempo fa. Alcuni lo sono tuttora e non è impossibile trovare residui insediamenti pastorali semitrogloditici magari dotati di pannelli fotovoltaici.
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Autore: Carlo Columba

Nato (1956), cresciuto e vissuto a Palermo ma certamente non "palermitano doc", piuttosto mi sento pronto per un trasferimento in svizzera… Insegno elettronica negli istituti tecnici industriali ma provengo da esperienze di progettazione e produzione nel campo della multimedialità sequenziale e interattiva. Amante della natura e del silenzio da sempre coltivo la fotografia come personale e indispensabile autoterapia.