Così il web e i cellulari ci rubano metà di noi stessi

20110605-112712.jpgLeggo con interesse l’articolo di Federico Rampini (Repubblica 5 giugno) ma lo condivido solo parzialmente. Indubbiamente vero che la concentrazione e la capacità di selezionare, soprattutto durante il lavoro, le sollecitazioni “distrazione” da quelle “produttive” sia una abilità che tutti siamo chiamati a praticare ogni giorno. Vero anche che nuove forme di distrazione ci sono procurate dalle tecnologie della comunicazione veicolate da un numero crescente di device. Tuttavia l’articolo mi sembra ispirato ad una visione tutta efficientistica delle nostre giornate e trascura del tutto di mettere in evidenza che, se ci distraiamo, è anche perchè o deliberatamente lo vogliamo, o, magari per stanchezza, ne abbiamo bisogno. Mi sarebbe piaciuto molto di più un approccio meno semplicistico, magari un approccio che guardi alla relazioni di rete come ad un possibile antidoto alla “perdita di produttività” causate dalle distrazioni provenienti da internet e smaphone. Sarebbe un discorso molto più interessante e stimolante, un discorso rivolto magari ad un livello maggiore di complessità, meno giornalistico, quindi, ma più costruttivo.
Voglio infine rilevare come ci siano occasioni nelle quali la “distrazione” possa addirittura essere funzionale. Io stesso non lo avrei creduto sino a qualche tempo fa ma ho potuto constatare per esperienza diretta che in occasione di meeting di lavoro ad alto livello di formalizzazione (delegazioni internazionali, report periodici, etc) o comunque occasioni nelle quali ci siano molto “tempi morti” da rispettare, la possibilità di avere tra le mani notebook o smartphone possa essere funzionale al mantenimento di una certa freschezza e di una certa concentrazione. Certamente limita la voglia di finire il più presto possibile e “scappare via”. C’è anche del “buono” quindi!

A scuola di autolavaggio

A proposito di lavoretti estivi, un ragazzo di 16 anni, un alunno della mia scuola, mi ha oggi raccontato di aver fatto, la scorsa estate, il lavatore di automobili. La storiella continua a frullarmi per la testa e a suggerirmi alcune considerazioni.

L’impegno lavorativo di questo ragazzo era stato fissato, dal suo datore, per un orario dalle 7,30  alle 13, con pausa pranzo sino alle 15, e poi ancora sino alle 19. Almeno nove ore giornaliere quindi per 6 giorni e mezzo (domenica mezzo orario, lunedì mattina libero). A fronte di tale impegno la paga corrisposta è stata di 25 euro al giorno (!)

Il ragazzo era soddisfatto! “Per una persona che non deve pagare la casa e non ha spese familiari, 600 euro al mese non sono male . . .” mi ha detto. Dal suo punto di vista si trattava di un trattamento equo che gli ha consentito di pagarsi le spese del finesettimana.

Mi ha colpito la valutazione non economica del suo impegno e del suo tempo. La sua paga giornaliera corrisponde infatti al compenso per il lavaggio di una sola auto (sotto casa mia pago 24 euro per un lavaggio completo), ed è da supporre che la sua produttività non dovesse essere inferiore ad una auto all’ora. Otto noni dell’incasso andavano quindi al suo datore di lavoro senza che questo costituisse motivo per una minima rivendicazione lontanamente sindacale o salariale.

Si tratta di meno di 3 euro l’ora, senza contratto, senza contributi, senza previdenza. Ovvero meno della metà di quanto in famiglia si danno al collaboratore familiare extracomunitario al quale si pagano – giustamente – anche i contributi.

Tutto ciò non cessa di farmi riflettere . . .

Oggi sciopero

Sino ad ora sono rimasto freddo e molto distante dalle diverse manifestazioni partite soprattutto dagli ambienti universitari. Sì, devo ammetterlo, non mi convincono molto, si muovono solo adesso che concretamente sono toccati negli interessi personali . . . ma della politica berlusconiana conosciamo i principi e gli obiettivi ormai da molti, troppi anni, mi infastidisce assai che le iniziative non siano partite prima. Né mi meraviglierei di scoprire che una metà di quanti stanno attualmente manifestando hanno, alle ultime elezioni politiche, espresso la loro preferenza nei confronti della coalizione attualmente al governo. Adesso mi sembra troppo tardi.
Sciopero comunque, perché stavolta è unitario, spero in una grande “manifestazione della sinistra” (ammesso che sia ancora possibile usare questi termini col significato che conosciamo), in un qualcosa che riesca a muovere qualcosa al di dentro del pachiderma scolastico al quale appartengo. Pachiderma che ha sempre reagito in modo conservativo alle proposte di riforma, qualsiasi ne fosse la parte proponente. Pachiderma capace di lamentarsi e di continuare a giacere nella totale inazione, anzi di contrastare qualsiasi sollecitazione al cambiamento.
Non spero, non ci riesco, in una qualche pratica conseguenza dello sciopero. Almeno nei termini del ritiro dei provedimenti annunciati. Invece mi auguro possa servire a mostrare ad una metà del paese che esistono dei “marziani” la cui adesione al modello di cittadino proposto dalle emittenti televisive non è totale. Cittadini che ancora non si arrendono alla banalizzazione del vaffanculismo, del “si è  sempre fatto così” o, ancora, del “non vi preoccupate che ci penso io”. Che credono ancora nella validità dei principi costituzionali e nella necessità del corretto funzionamento del parlamento.  E che lo scopo della cultura sia il benessere dell’individuo e la capacità sociale di affrontare le sfide della complessità.

L’arte di ascoltare

Non l’ho scovato io questo brano di Plutarco, mi ci sono imbattutto per vie diverse dallo studio dei classici . . . Mi sembra però così bello e significativo! Lo voglio condividere.

(…) Il silenzio, dunque, è ornamento sicuro per un giovane in ogni circostanza, ma lo è in modo particolare quando, ascoltando un altro, evita di agitarsi o di abbaiare ad ogni sua affermazione, e anche se il discorso non gli è troppo gradito, pazienta ed attende che chi sta disertando sia arrivato alla conclusione; e non appena ha finito si guarda dall’investirlo subito di obiezioni, ma, come dice Eschine, lascia passare un po’ di tempo per consentire all’altro di apportare eventuali integrazioni o di rettificare e sopprimere qualche passaggio. Chi si mette subito a controbattere finisce per non ascoltare e non essere ascoltato, e interrompendo il discorso di un altro rimedia una brutta figura. Se invece ha preso l’abitudine di ascoltare in modo controllato e rispettoso, riesce a recepire e a far suo un discorso utile e sa discernere meglio e smascherare l’inutilità o falsità di un altro, e per di più dà di sé l’immagine di una persona che ama la verità e non le dispute, ed è aliena dall’essere avventata o polemica.”

Plutarco , De recta ratione audiendi. L’arte di ascoltare, trad. Giuliano Pisani, Arnoldo Mondadori Editore,
1995 Milano, pag 54 – 57

Presidente Prodi: e il conflitto di interesse?

Leggo sulla Stampa di ieri (14 febbraio 08) una lettera inviata da Franca Rame a Romano Prodi. E’ riportata anche sul blog della Rame col titolo:<< Al Presidente Prodi da Franca Rame>>

Voglio segnalare questo intervento perchè da molto tempo, da prima della caduta del governo, continua a ronzarmi in testa questa domanda: << ma perchè nulla è stato fatto a proposito del “conflitto di interesse”?>> Perchè il tema non è mai stato nemmeno messo all’ordine del giorno?  Come possiamo continuare a permettere l’elezione di un candidato che possiede tre reti televisive?

Questa cosa mi addolora.

Farm system – Quando l’energia è vitale!

E’ veramente il caso di dare un’occhiata ai video di Enel Digital Contest, quarta edizione di un concorso che premia il migliore cortometraggio digitale realizzato sul tema “Il futuro dell’energia”. Molte sono le opere veramente godibili e gustose, ne riporto una “Farm System” la cui sinossi recita testualmente: un contadino coltiva marijuana e la utilizza come carburante per un gruppo elettrogeno che servirà per il suo techno party.

Cuffariani, che facce!

Spinto dal tema cuffariano, ieri sera ho derogato dalla sana abitudine di star lontano dallo schermo televisivo per vedere la puntata settimanale di AnnoZero.

Tralascio la critica a questo modello di giornalismo costretto a dar voce al blablaismo più o meno demenziale degli interventi per concentrarmi, piuttosto, su di una sequenza estratta dal filmato “La Mafia è Bianca”.

Particolarmente mi ha colpito la sequenza girata in occasione di una manifestazione pubblica presso il Cinema Don Bosco dei salesiani, ottima e stimata scuola (privata) cittadina frequentata, da studente, dal nostro ex presidente della regione. La scena è la seguente: l’intervistatore fa delle domande al fratello di Salvatore Cuffaro, che, a modo suo, risponde. Sullo sfondo una folla di personaggi i cui volti si distinguevano per alcuni tratti comuni: una “masticata di chewingum” oltremodo sfrontata (la presenza della telecamera era evidente) e rivoltante; una mimica facciale e uno sguardo . . . non so come descriverlo, ma sono più che certo che il significato di quello sguardo, di quei volti, siano molto molto chiari per un siciliano.

Avete presente quando, ne “Il Caimano” di Moretti, si vede la vera registrazione di berlusconi al Parlamento Europeo? Parlandone con diverse persone ho appurato che siamo stati in molti ad avere la stessa impressione: il berlusconi vero risultava molto più caricaturale e farsesco del berlusconi impersonato dagli attori! Ebbene, qualcosa di simile accadeva col frammento dei cuffariani al Don Bosco: sembrava di assistere ad una sorta di cabaret che pigliasse in giro la mafia ed insieme ad una versione dei “furbetti del quartierino” in salsa siciliana. Qualcosa che suona così: è inutile che parlate e straparlate, tanto non ci potete fare niente. Se tu mi accusi io mi difendo addirittura pigliandoti in giro, perchè tutti sanno quale sia la verità, ma nessuno la dice o la testimonia. Sei così insignificante che non riesci nemmeno a darmi fastidio. . .

Sono certo che su quella sequenza si potrebbe scrivere più di un trattato di antropologia. Non so se sono riuscito a rendere l’idea!

Un segno per la Birmania




Freedom

Originally uploaded by Ladro di Stelle

Sento il bisogno e il dovere insieme di manifestare la mia solidarietà con quanti in Birmania stanno soffrendo a causa di un assurdo, stupido e anacronistico regime militare. Mi sento spiritualmente vicino ai monaci e alla popolazione scesa in piazza.

L’immagine di questo post proviene da Flickr sul quale da alcune ore stanno giungendo moltissime manifestazioni visive di questo genere. Questo il link alle immagini della Birmania </ su Flickr.

Crudeltà papale

Mi ritengo assolutamente non -cattolico. Non che sia contrario, sul piano sociale, a tanti degli insegnamenti del cristianesimo; da laico però! E comunque mai potrei credere a qualcuno o a qualcosa che mi dice che la verità sta scritta “nel libro”! Brrr . . .

Credo però che il papa debba fare il papa! Così quando il woitilaccio (per dirla alla Benigni) se ne andava in giro per il mondo portando la nota novella del “ogni colpo un figlio”, non potevo certo meravigliarmi, in fondo stava onestamente facendo il suo “mestiere”! Pur condannando la proposta, non potevo che riconoscere una certa interna congruenza del pensiero papale.

Con le ultime uscite di Ratzinger ritengo però si sia raggiunto e valicato ogni limite del buon senso (oltre che della stupidità): la vita di un uomo è sacra e intoccabile anche quando quest’ultimo è da anni in stato “vegetativo”. Quel corpo va nutrito e curato e in nessun caso si può disporre del termine di quella esistenza.

Sul piano della singola persona mi pare una stupida crudeltà: la vita è sacra sino a quando riusciamo a viverla, sviluppando il nostro pensiero e “nutrendo la nostra anima”. Quando ciò non può più avvenire, allora non vedo che differenza possa esserci tra la mia vita e quella di una zanzara tigre che non esitiamo a sterminare! A meno che non si diventi buddisti integralisti, accettando, pur di non uccidere alcun essere vivente, che le zecche ci si annidino sui genitali e che i topi ci irrorino con la loro pipì (leggi la autobiografia dell’attuale Dalai Lama quando, bambino, viveva ancora a Lhasa ).

Chi è pronto si faccia avanti . . .

Il fondamentalismo islamico

Questa me la devo ricordare:

Il fondamentalismo islamico offre ai propri seguaci le meravigliose attrattive di una combinazione di violenza e rettitudine – oltre alla promessa della vita eterna.

Martin Amis, tratto dalla traduzione di un discorso tenuto a Milano in data odierna.

 Non si tratta, in fondo, della stessa ricetta di molti telefilm americani a base di giustizieri solitari e poliziotti-lottatori inflessibili e invincibili?