Flipped classroom e flipped textbook: la scuola al contrario?

Mi sta sembrando molto interessante la lettura degli interventi sui siti http://flippedtextbook.com/http://coredogs.com/article/tale-two-students . L’idea che vi sta alla base è quella di invertire il tradizionale flusso delle attività di insegnamento-apprendimento ovvero: il docente “eroga” la sua lezione, per lo più in formato frontale, e assegna dei compiti; il discente, da solo, in orario post-lezione, legge il libro ed esegue gli esercizi. Nella “flipped classroom” accade invece l’inverso: gli studenti “studiano a casa” la lezione che il discente ha assegnato ( e per la quale ha preparato una opportuna e idonea raccolta di materiali), in classe si eseguono gli esercizi o comunque i “compiti”. In tal modo il tempo-docente viene adoperato per la fase di lavoro probabilmente più critica: l’esemplificazione delle attività, i chiarimenti, il supporto alla comprensione individuale. Tale approccio mi sembra ben espresso dalla figura:

schematizzazione del metodo della flipped classroom

La progettazione è tutta incentrata sugli “outcomes” ovvero i risultati di apprendimento espressi in “what students can do”, cosa gli studenti devono sapere fare. Per imparare  fare bisogna condurre ed esporsi a delle esperienze, cioè quell’insieme di attività che gli studenti fanno per imparare. Le esperienze vengono generate e proposte dalla progettazione didattica del docente e da un insieme di risorse tra le quali vi sono anche i libri di testo. E’ immediatamente avvertibile in questa esemplificazione la curvatura sul “fare” piuttosto che sul “sapere”: un approccio molto vicino a quello che si sta introducendo nella scuola italiana, mi riferisco alla didattica per abilità e competenze. Inoltre si nota l’accento sulla progettazione e sulla presenza di un insieme di risorse. Manca la centralità del libro di testo, dell’ipse dixit disciplinare da ripetere più o meno a memoria.

La conseguenza pratica di questo tipo di approccio relativamente alla scelta delle risorse e all’eventuale dedicato libro di testo conduce alla progettazione e realizzazione di testi scolastici affatto differenti da quelli tradizionali. L’esempio portato da Coredogs (si tratta di un corso per web developer) mi sembra molto calzante: mentre l’approccio tradizionale prevede un indice (e quindi una trattazione)  centrata sulle differenti tecnologie disponibili per costruire un sito web (html, css, php, etc…), l’approccio “flipped” prevede un indice che elenca una serie di azioni (realizzare una pagina web di solo testo, creare una pagina con link ipertestuali, etc ). Una delle conseguenze immediate è che il secondo indice non contiene parole sconosciute ed è immediatamente comprensibile; il primo invece contiene un elenco di tecnologie delle quali lo studente non conosce ancora nemmeno il glossario. Nell’indice flipped le “azioni” elencate sono immediatamente intraprendibili, motivano immediatamente al “fare”; nello sviluppo del testo le conoscenze necessarie e il supporto alla comprensione vengono strettamente contestualizzati. Ne risulta un modo di procedere assai più efficace e motivante: lo studente è consapevole, momento per momento, del perché diventi necessario apprendere certe cose, l’obiettivo è sempre lì a portata di mano. Vengono evitate quelle lunghissime fasi “propedeutiche” che fanno pensare agli studenti “ma a che mi serve sapere questa cosa?”

Non mi sentirei di affermare che questo è l’approccio vincente per tutte le diverse discipline, ma per quelle che trattano di tecniche e di tecnologie mi sembra proprio di sì. Soprattutto pensando alla mole crescente di conoscenze nei campi come l’informatica o l’elettronica diventa chiaro come risulti sempre più difficile un approccio “che getti le basi” partendo dal basso, dalle origini storiche e concettuali della materia da apprendere. Si rischia di non arrivare mai alla meta prefissata. Meglio un approccio che “parta dalla fine”, che metta al centro dell’attenzione dell’allievo il prodotto o il processo finito, stimolando in tal modo la curiosità e la voglia di andare avanti.

Continua con:

Ragionando su un possibile “flipped book”
Flipped classroom – le attività in classe

Micro-corso LIM

Ho terminato da poco gli incontri di un breve corso  che ho tenuto nella mia scuola sull’utilizzo della Lavagna Interattiva Multimediale. Solamente tre incontri, centrati principalmente sul “fare”, giusto per consentire ai colleghi interessati di poter utilizzare questi nuovi strumenti presenti in alcune aule della nostra scuola. L’andamento del corso ha confermato ancora una volta l’interesse dei docenti per questa tecnologia: a differenza di altri corsi, anche su temi molto affascinanti come il web 2.0, i colleghi hanno subito cominciato ad immaginare e proporre possibili utilizzi. Le parti del corso contenenti le “spiegazioni” (soprattutto del software di preparazione ed erogazione delle lezioni) sono stati registrate: ne incorporo i video qui di seguito.

Utilizzare la LIM – Lavagna interattiva multimediale – Parte 1a from insegnalo.it on Vimeo.

Qui di seguito gli altri video:

Leggi tutto “Micro-corso LIM”

Istituti Tecnici – Le “indicazioni” per il secondo biennio e il quinto anno

Finalmente rese disponibili con Direttiva 16 gennaio 2012, n. 4 (vedi http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=8347) . Si tratta ora di vedere che accoglienza avranno tra i docenti della scuola . . . Ho letto con interesse, oltre alle schede relative alla mia materia di insegnamento, le “linee guida”  che ne spiegano finalità e struttura: ne riporto qui alcuni passaggi che mi sono sembrati particolarmente interessanti (il grassetto è mio).

In continuità con le Linee Guida relative al primo biennio, il documento non si pone come un prescrittivo “programma ministeriale”, ma vuole costituire un sostegno all’autonomia delle istituzioni scolastiche, per un’adeguata definizione del piano dell’offerta formativa e una efficace organizzazione del curricolo. In quest’ottica, i contenuti curriculari espressi vanno intesi come unabase di riferimento per la programmazione didattica di istituto, di classe e di insegnamento; essevanno, pertanto, assunte come punto di partenza per una approfondita riflessione da parte di tutti gli operatori interessati.

Viene qui ribadito qualcosa che sia molti colleghi che la maggior parte delle famiglie avrebbero già dovuto sapere da anni: non esiste, non deve esistere più la “lista dei contenuti” impartita dal Ministero! Piuttosto si tratta di costruire un curricolo che preveda lo sviluppo di competenze: scolastiche prima, professionali poi.

. . . ciò che connota gli Istituti Tecnici è l’obiettivo di far acquisire la padronanza di competenze scientifiche e tecnologiche che consentano al diplomato tecnico di interpretare, partecipare, gestire e coordinare processi produttivi caratterizzati da innovazioni continue, anche in una prospettiva di sviluppo. Gli Istituti Tecnici, quindi, si propongono di fornire allo studente una solida base culturale e, nel contempo, una specializzazione attraverso l’approfondimento, disciplinare e interdisciplinare, delle tecnologie e delle competenze scientifiche ad esse collegate, che gli permettano non solo di intervenire nei processi in atto ma anche di sviluppare le capacità creative e progettuali necessarie ad intercettare e presidiare l’innovazione.

Si esprime qui una visione molto “alta” del diplomato. Mi sembra importante lo sforzo di coniugare la crescita personale, la formazione culturale, la formazione professionale.

La risposta ai problemi di cambiamento della Scuola del secondo ciclo non risiede nella riproposizione dell’egemonia della cultura umanistica o di quella della cultura scientifica e tecnologica. I momenti più alti del “genio italiano” sono infatti avvenuti nell’intreccio dei saperi e nella loro feconda integrazione.

Mi pare sia un esplicito invito ad abbandonare una volta per tutte la visione crociana della cultura.

Il miglioramento della qualità dell’offerta di istruzione e formazione si realizza, inoltre, con l’adozione di metodologie didattiche innovative – altro punto chiave della Raccomandazione europea – fondate sia sull’ampio uso delle tecnologie informatiche (IT), sia sulla valorizzazione del metodo scientifico e dell’approccio laboratoriale, diffuso non solo alle discipline tecnologiche, ma a tutte le discipline del curricolo. Si fa riferimento, in particolare, all’utilizzo di aule attrezzate con la lavagna interattiva multimediale (LIM), che consente di gestire l’attività didattica in modo più efficace e funzionale ad una partecipazione “attiva” degli studenti; o, ancor più, ad una didattica laboratoriale, non legata ad uno specifico luogo fisico, attraverso la quale lo studente è chiamato ad affrontare le diverse problematiche disciplinari con metodologie di tipo induttivo, improntate alla pedagogia collaborativa del compito condiviso e del progetto che lo rendono protagonista degli apprendimenti. Per una trattazione più ampia di questo approccio si rimanda alle Linee Guida del primo biennio. Queste metodologie coinvolgono attivamente gli studenti nell’analisi e nella risoluzione di problemi, mobilitano l’insieme delle loro risorse e aiutano a far cogliere l’interdipendenza tra dimensione teorica e dimensione operativa delle conoscenze, fino a costruire dei saperi di tipo professionale.

Viene qua affermato un principio fondamentale: è necessario fare innovazione didattica. Vero che il testo si sbilancia a favore della LIM, cosa che sarà causa di infinite polemiche e resistenze, però bisogna pur affermare che fare didattica significa necessariamente “fare ricerca didattica”. Questo mi pare il senso della dimensione laboratoriale, che non vuol dire che bisogna fare lezione di volta in volta nel laboratorio di informatica o di elettronica o di matematica o  . . . . Piuttosto si tratta di una dimensione nella quale la classe si mette al lavoro su un tema, su un progetto, una realizzazione, un qualcosa che veda docenti e studenti lavorare insieme, collaborare, anche rischiando degli insuccessi, per il raggiungimento di un certo obiettivo. Questo è uno dei punti più delicati, sarà per questo necessario che il Ministero preveda, nelle misure di accompagnamento, anche delle iniziative rivolte alla motivazione e all’aggiornamento professionale dei docenti.

Nel secondo biennio, gli aspetti scientifici, economico-giuridici, tecnologici e tecnici sviluppati dalle discipline d’indirizzo assumono le connotazioni specifiche relative al settore di riferimento in una “dimensione politecnica”. Le discipline, nell’interazione tra le loro peculiarità,promuovono l’acquisizione progressiva delle abilità e competenze professionali. L’adozione di metodologie condivise, l’evidenziazione del comune metodo scientifico di riferimento, l’attenzione ai modelli e ai linguaggi specifici, il ricorso al ‘laboratorio’ come spazio elettivo per condurre esperienze di individuazione e risoluzione di problemi, contribuiscono a far cogliere la concreta interdipendenza tra scienza, tecnologia e tecniche operative in un quadro unitario della conoscenza.(Cfr. Regolamento art. 5, comma 2, lettera e).
Mi sembra qua di percepire l’eco del pensiero di Morin (la “testa ben fatta”) che era stato l’ispiratore di una consistente parte del’operato del ministero ai tempi di Fioroni: personalmente lo vivo favorevolmente.
Per concludere: le “Linee Guida” mi sembrano, correttamente, “volare molto in alto”. Negli ultimi anni l’Istruzione Tecnica in Italia ha perduto gran parte della sua connotazione e identità e di conseguenza ha perso moltissimi iscritti: se non saremo capaci di rilanciarne l’importanza e il ruolo saremo certamente corresponsabili del suo declino.  Mi auguro che ci sia da parte di tutti i componenti del sistema la voglia, la volontà, la forza di fare in modo che al cambiamento istituzionale corrisponda la capacità di innescare un percorso virtuoso. Mi auguro, davvero fortemente, di non dovere assistere al perdurare degli atteggiamenti  capaci di trasformare qualsiasi cosa nell’ennesima “occasione perduta”!

Gli studenti come “Learning Designers”

Ho letto di recente il paper “Students as learning designers: Using social media to scaffold the experience” nel quale si riporta la metodologia adottata da una ricerca che ha posto gli studenti direttamente al centro del processo di progettazione didattica. A patto di avere un efficace supporto da parte degli insegnanti, si è visto come la metodologia sia capace di operare su un versante nel quale la scuola in generale è molto carente: mi riferisco ai processi metacognitivi e in particolare a:

  • gestione del progetto
  • ricerca
  • organizzazione dei materiali e rappresentazione delle conoscenze
  • presentazione
  • riflessione critica
La ricerca non nasconde la coesistenza di vantaggi e svantaggi, in particolare riguardo a quattro temi cardine dell’instructional design mette in evidenza quanto segue:
  • le modalità collaborative risultano avvantaggiate dalle possibili sinergie e dalla suddivisione dei carichi e delle responsabilità; d’altro canto si corre il rischio di problematiche di leadership e di una certa dispersività dei processi. Certamente si rende necessaria una maggiore quantità di tempo;
  • dal punto di vista della pertinenza delle attività sembra molto favorevole il fatto che si incoraggi la connessione tra ipotesi teoriche e messa in pratica. Inoltre si aggiunge concretezza al processo di apprendimento e si genera un certo orgoglio tra gli stessi studenti perchè sentono come cosa personale (in opposizione a “quello che vuole sapere il professore”) quanto si va facendo. Il rovescio della medaglia sta nel rischio di sbagliare del tutto strada e quindi di imboccare percorsi che potenzialmente possono poi rivelarsi come perdita di tempo;
  • il controllo da parte di chi apprende incoraggia la diversità e gli approcci multipli alla ricerca delle soluzioni ai problemi. Incrementa la autostima e consente l’instaurazione di ritmi consoni alle persone. Rischi: risultati imprevisti, perdita degli obiettivi, procrastinazione;
  • preparazione tecnologica: favorisce una avanzata considerazione riguardante i contenuti, i contesti e le applicazioni da adoperare. Di contro può intimidire quanti si sentano in questo meno dotati.

L’analisi dei pro e contro  definisce e mette in risalto il ruolo del docente che va identificato nelle seguenti azioni di scaffolding:

  • generare interesse verso il compito
  • semplificarlo
  • mantenere la ricerca degli obbiettivi
  • evidenziare criticità e discrepanze tra quanto prodotto e la soluzione ideale
  • controllare l’insorgere della frustrazione durante le fasi di problem-solving
  • dimostrare ed esemplificare una versione idealizzata delle azioni da eseguire.

L’attività di ricerca ha inoltre evidenziato le implicazioni derivanti dall’uso degli stri strumenti della rete e in particolare dei social network.

In conclusione la ricerca ha messo in evidenza che:

  • si riscontra un incremento nell’utilizzo del linguaggio della metacognizione e nell’uso e nella condivisione di strategie metacognitive;
  • le dinamiche di aula risultano modificate: il docente viene identificato come guida ma anche come “co-learner”; i pari vengono identificati come co-learners e come fonte di supporto e di consigli;
  • gli studenti hanno sviluppato grandi varietà e diversità di approcci progettuali;
  • il progetto ha fornito ai docenti una opportunità per riflettere sugli aspetti metacognitivi e soprattutto per ripensare il loro approccio al curricolo.

Lim parare

Un momento della presentazione dei lavori dei corsisti.

Sono piuttosto soddisfatto di quanto sta emergendo da un corso “LIM” che sto tenendo ai docenti di un liceo pedagogico di Palermo. Bisogna premettere che l’introduzione di questa tecnologia nella scuola superiore di secondo grado è molto più recente di quanto non sia accaduto per le scuole elementari e medie, tant’è che se si cercano materiali esemplificativi si trovano in maggioranza relativamente a questi ultimi ordini di scuola. Non tanto facile, quindi, condurre un gruppo di docenti tipicamente “disciplinaristi” ad inventare un qualche oggetto didattico da utilizzare con i propri alunni: le difficoltà risiedendo non solo nella mancanza di esperienza, ma anche nella poca frequentazione dell’utilizzo  della pluralità dei linguaggi e delle occasioni di interazione che la Lim mette a disposizione.

Il lavoro è stato organizzato a partire da una scheda di progetto e una scheda di valutazione. Pensando agli alunni delle proprie classi ogni singolo docente ha concepito un semplice progetto per una attività didattica della durata di circa 15 minuti e subito a seguire, nel corso di due incontri (per un totale di 6 ore) durante i quali hanno ricevuto un opportuno tutoraggio sia sul versante tecnico che su quello metodologico, hanno realizzato quanto abbozzato nella scheda di progetto. La scheda di valutazione è stata poi utilizzata da gruppi di docenti (tre per gruppo) soprattutto come stimolo per una analisi ed una riflessione sulla qualità dei lavori prodotti. Questa fase ha richiesto per intero un ulteriore incontro. Oggi infine, sulla base delle indicazioni dei vari gruppi, è stata presentata una selezione dei lavori.

Si è trattato di un momento assai gradevole, sia perchè i lavori presentati hanno mostrato significativi livelli di interesse e di utilizzo del mezzo, sia perchè si è creata una situazione assai rara nella scuola: l’incontro di docenti di classi e discipline diverse che parlano di didattica, che mostrano i lavori fatti, che riflettono collaborativamente sui diversi aspetti del lavoro, da quelli tecnici a quelli metodologici.

Docente-autore: una difficoltá

Leggo ne “Adottare l’elearning a scuola” di roberto Maragliano:

… nella rete, in misura assai più pronunciata di come questo avviene nel mondo fisico, il docente è anche autore, in quanto comunica con gli allievi tramite scrittura e/o registrazione audio/video. Autore può esserlo in misura elevata come in misura minima, a seconda del modello didattico cui fa riferimento, cioè se è molto o poco attivo in rete, ma non potrà mai considerare se stesso come semplice docente che fa lezione: sarà sì docente ma anche autore, in quanto lascerà traccia scritta o video/audio registrata della sua azione, in quanto si sarà fatto “testo”. E così il docente che adotta l’e-learning adotta se stesso anche come autore.

Mi sembra si possa qui individuare uno dei motivi di difficoltà che l’introduzione dell’elearning incontra nella scuola. La considerazione è di stampo pessimistico, mi sento però di farla per lunga esperienza diretta con i colleghi: la maggior parte non è affatto contento di una simile prospettiva. Molti addirittura la vedono come fumo negli occhi, un pò per pigrizia, un molto per non esporsi a possibili critiche, non esporre al giudizio pubblico la propria (in)competenza professionale.
Brutto ma vero.

Le metodologie didattiche sono espressione e realizzazione di valori

Leggo su “Didattica attiva con la Lim” una bella citazione di Bruno Ciari:

Gli strumenti sono utilizzabili per scopi diversi, Le metodologie didattiche sono espressione e realizzazione di valori

E subito mi si scatena una serie di riflessioni.

Quindi chi sostiene che sia necessario tornare alla scuola “all’antica” non sta facendo altro che abdicare alla possibilità di guardare e analizzare la trasformazione della società e delle stessa conoscenza a favore di un modello che coincide con quello “subito” da bambino e da ragazzo durante il suo periodo scolastico.
In questo senso sembra delinearsi chiaramente una significativa concordanza tra gli obiettivi dell’azione educativa e i metodi adottati per realizzarla. Questa cosa sembra assolutamente chiara se pensiamo ad esempio alla gentilezza: insegnare ad un bambino ad essere gentile richiede la pratica della gentilezza verso lo stesso bambino che in tal modo ha la possibilità di sperimentare cosa la gentilezza sia e quali ne siano gli effetti quando se ne è fatti oggetto. Nessuno penserebbe di insegnare la gentilezza con la violenza…
Adottare quindi come metodo educativo scolastico quello della ripetizione di contenuti codificati dal testo , ovvero la classica dinamica scolastica , mi sembra solamente idoneo allo sviluppo dell’individuo conformista. Cosa del resto facilmente riconoscibile tra gli obiettivi della scuola almeno sino agli anni 70: riuscire nella vita significava conformare la propria testa, ovvero il proprio pensiero, le proprie convinzioni, il proprio sentire a modelli di volta in volta coincidenti con quelli precodificati per i vari mestieri e professioni.
Chi continua a sostenere una tesi del genere non si rende conto ( in qualche caso in buona fede) che gli obiettivi della scuola sono molto cambiati! Se non altro, volendo trascurare tutte le istanze libertarie e di rinnovamento emerse nella seconda metà del secolo scorso, per un motivo assolutamente strumentale: i ragazzi che oggi terminano gli studi devono essere molto più praparati dei loro omologhi dei decenni precedenti. Lo sostengo pensando alla accresciuta complessità del sistema nel quale viviamo e dal quale dobbiamo trarre il nostro sostentamento (non basta più “imparare un mestiere”) , pensando all’accresciuta mole di conoscenze e competenze legate ai settori tecnici e scientifici, pensando al rimanere sul territorio nazionale di sempre minori opportunità legate al classico manifatturiero (esportato in paesi che garantiscono una molto maggiore economia della realizzazione) capace di assorbire rapidamente masse di persone con limitati livelli di scolarizzazione e specializzazione. Pensando che dobbiamo diventare sempre “più bravi” in tutto ciò che ci toccherà di fare.

Radio Show

Uno strumento potenzialmente interessante anche per la didattica! Possibile usarlo per organizzare e motivare lavori degli studenti. Ma anche per registrare le nomalissime lezioni per eventuali (ma sempre necessari) recuperi!

Lavagna condivisa per aula lim + tablet

Ho appena fatto una piccolissima prova per vedere se questo sistema di lavagna condivisa funzionasse anche su iPad. Ne ho aperto un’istanza sul desktop e un’altra dall’iPad (temendo il blocco dell’onnipresente flash . . .): il disegno fatto sull’uno veniva replicato quasi istantaneamente anche sull’altro . Il risultato è ottimo.

Il servizio è gratuito (almeno per adesso) e l’accesso non richiede alcun tipo di registrazione ed autenticazione. Mi sembra un perfetto complemento per quelle aule dotate di LIM e frequentate da corsisti e alunni dotati di tablet: consentirebbe l’utilizzo della lavagna interattiva anche con interventi direttamente dal posto!

Sloop2desc terminato-valorizziamone adesso i risultati

In qualità di relatore ho partecipato, ieri, a Balestrate, al seminario conclusivo del progetto di trasferimento tecnologico sloop2desc durante il quale oltre ottocento docenti hanno preparato risorse educative aperte utili alla certificazione delle competenze in ambito delle competenze informatiche “Eucip”. Informazioni estese sul progetto sono reperibili sui siti http://www.sloopproject.eu/sloop/ e http://www.sloop2desc.eu/
Allego in coda  le slide che ho utilizzato per mostrare come il progetto sia sia articolato in termini di sistema piuttosto complesso, sistema per altro riutilizzabile ed “esportabile”. La domanda che adesso mi sorge spontanea è la seguente: non sarebbe adesso il caso che il progetto potesse avere una sua naturale continuazione in una qualche forma di attività anche economica? Finita la sperimentazione che ha visto convolti la comunità europea per il reperimento delle risorse e diversi partner provenienti dal mondo della scuola, della ricerca e dell’impresa, non sarebbe il caso che adesso si facesse avanti una entità di tipo aziendale capace di valorizzarne gli output? Dovrebbe, credo, essere possibile che una azienda possa offrire formazione a partire dall’utilizzo dei materiali prodotti e dalle esperienze accumulati negli anni. Sarebbe la giusta prosecuzione.