Scuola, covid, giornalismo, minchioni

Vomito e disgusto. Non ne posso più di sentire menate sul fatto che la scuola, quella “vera”, debba essere la scuola “in presenza”. La scuola ove tradizionalmente il prof spiega e interroga, punisce e premia. Almeno alle superiori le cose stanno ben diversamente. Vorrei tanto che questi soloni che affollano le pagine stampate e le trasmissioni radiotelevisive passassero qualche mattinata in classe con me e le mie classi. Vorrei che vedessero la disperazione (intesa come mancanza di speranza) negli occhi di molti alunni oppure la insopprimibile noia negli occhi di molti altri. Vorrei non dover leggere antipatiche esercitazioni di retorica come quella di Dario Cresto-Dina sul giornale di oggi tra le quali si afferma che chiudere le scuole a marzo sia stata “l’ammissione di una resa”. Mah, sin qui io avevo pensato che si era trattato di una assunzione di responsabilità … E ancora le affermazioni che é a scuola che si forma la socialità, il pensiero, la coscienza, etc etc. Beh, per forza, se si vive a scuola tutta l’infanzia e tutta l’adolescenza per forza deve essere così. Senza considerare quelle “meravigliose” agenzie formative costituite dagli stadi , dai tronisti e dagli influencer sticchiosi e tatuati.

Ma… é venuto a nessuno il dubbio che tutta questa faccenda del Covid possa essere fortemente formativa? Quando mai é successo di partecipare alla elaborazione filosofica, psichica, morale, economica di un evento che coinvolge l’umanità e il pianeta per intero? Non son cose da nulla… Perché mai da tante parti ci si sta sforzando di mostrarla come perdita disastrosa piuttosto che come occasione di crescita? Se usate correttamente le crisi sono sempre state foriere di cambiamento positivo.

Ma forse non interessa, meglio non rischiare di cambiare qualcosa. D’altro canto: non viviamo nel miglior modo possibile?

Vomito e disgusto.

Lettera aperta ad Ezio Mauro

Caro Ezio, perdonami la confidenza ma quanto tu oggi scrivi (Dove porta quel pullman https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2019/03/21/news/dove_porta_quel_pullman-222193474/ ) mi è così vicino che vorrei veramente abbracciarti. Vorrei che tutti lo leggessero. Ma perché questo possa accadere bisognerebbe riscriverlo! No, non sto facendo una critica, assolutamente no. Piuttosto mi piacerebbe che potessero leggerlo e capirlo anche i miei alunni, che non sono né stupidi né bambini: sono studenti di un uno istituto tecnico industriale. Li vedo ogni giorno da 28 anni, so che non sarebbero in grado di farlo. Ma non sono lettori di Repubblica! Potresti obiettare… Vero, ma sono sicuro che anche tra questi lettori molti avranno avuto qualche difficoltà di interpretazione. Hai ragionissima quando affermi Serve uno sforzo cognitivo! Oggi a scuola ci sforziamo proprio in questa direzione: arricchire la vita dei nostri studenti con qualcosa che consenta loro di superare i limiti dell’istintivo e del comportamentista. La maggior parte di loro vuole, in buona fede, essere puramente addestrato a far qualcosa, come se la vita professionale potesse limitarsi a sapere quali sono i bottoni da pigiare (o da cliccare). Ci sforziamo di convincerli che capire è necessario e anche possibile. Per questo ti esorto a riscrivere il tuo magnifico articolo in un linguaggio che richieda una padronanza della lingua italiana a livello un pochino più elementare. Anche a costo di perdere qualche sfumatura e qualche raffinatezza. Sono sicuro che ne guadagneremmo tutti per una maggiore consapevolezza collettiva.

Aggiornamenti alla voce “didattica”

Ho recentemente pubblicato i seguenti nuovi materiali:

Soluzione reti elettriche in corrente continua – un esercizio

Utilizzare gli strumenti di Google per la didattica

 

Tecnologie Digitali . . . (6) – Assignment

Assignments

 

Siamo adesso ai famigerati “compiti per casa”. Anche qui l’uso delle tecnologie ICT può contribuire a cambiare le carte in tavola, e non di poco. Ho preferito lasciare nel titolo la parola inglese “assignment” perchè più indicativa e più estesa della nostra tradizionale: si tratta infatti qui di assegnazione di  incarichi piuttosto che di “compiti”, di incarichi che, soprattutto se viene adottata la metodologia “flipped” (classe capovolta) possono essere da svolgere in classe di mattina, in assetto laboratoriale per gruppi o come di volta in volta sia ritenuto più conveniente.

Non sarà inutile richiamare ancora una volta la nostra attenzione al concetto di “competenza” e di programmazione per competenze, molti degli strumenti indicati in questa mappa sono adatti alla valutazione delle competenze, ma non rimangono esclusi strumenti per la più classica valutazione dei “saperi”. Così come ritengo non superfluo porre attenzione alle differenti funzioni degli assignment, soprattutto per quanto riguarda quelli specifici per la valutazione, anzi “le valutazioni”, comprendendo quella formativa, la valutazione dei processi, la valutazione (classica) degli apprendimenti. Un uso corretto dello strumento “assignment” non può prescindere dal consapevolizzare la differenza tra queste tre differenti tipologie.

Cominciando dall’alto e ruotando in senso orario troviamo una serie di strumenti per la creazione, erogazione e valutazione di test di valutazione: si tratta dei classici quesiti a risposta multipla, vero/falso, a riempimento, a risposta aperta, etc. Il più “antico” ma tuttora valido è “hotpotatoes“, con una lunghissima storia di sviluppo. E’ un pacchetto che si scarica sul computer ed è disponibile per mac, windows e linux; ad oggi non gira sui tablet che non supportano java (la maggior parte). Hotpotatoes genera i quiz e li rilascia sotto forma di pagine web interattive che possono essere pubblicate sui siti educativi. Se usato all’interno di una piattaforma di e-learning quali moodle consente anche la registrazione automatica dei punteggi ottenuti.

Quizpedia è la soluzione per creare quiz utilizzando i tablet sia in ambiente Android che iOs. Non ne ho esperienza, mi tiene lontano un certo aspetto “enterteinment” che mi disturba. Ovvio che in qualche caso possa invece lo stesso aspetto essere funzionale.

Più innovativo è Quizlet, e anche più completo in quanto offre una modalità di apprendimento oltre che di test. Consente infatti la creazione ed erogazione delle “flashcards”, ovvero pillole didattiche che si succedono come una serie di domande a catenella. in questo caso ci troviamo in presenza di un ambiente web sia per la creazione che per la erogazione con evidente semplificazione di entrambe le fasi. Il sito offre la possibilità di creare le classi virtuali e in tal caso consente il tracciamento delle attività degli alunni. Personalmente credo sia fastidioso convincere gli alunni a fare l’ennesimo account solo per un ambiente di test, si rischia di disperdere energie e tempo; consiglierei un utilizzo libero giusto come ripasso e autovalutazione. Da non trascurare la disponibilità di – letteralmente – milioni di quizlet già realizzati e liberamente disponibili per l’erogazione o eventualmente la modifica.

Molto interessante e decisamente più innovativo mi sembra Kahoot!, un sistema per l’erogazione di test da effettuarsi collettivamente in classe. Più che un sistema di valutazione credo debba essere considerato come un metodo di coinvolgimento della classe ispirato alle teorie di “gamificazione” (orrendo ma significativo neologismo) degli apprendimenti. Il docente proietta in classe le schermate del test, eventualmente precedute da schermate che inducono alla riflessione e alla “messa in situazione”. Gli alunni utilizzano il proprio dispositivo, anche il telefonino va bene, purché connesso in rete. La formazione del gruppo di lavoro avviene molto facilmente tramite inserimento di nome e di un codice che viene proiettato alla prima schermata: non è richiesto alcun account e iniziare è veramente una operazione velocissima. Sullo schermo dei dispositivi personali sono mostrati solamente i pulsanti di risposta alle sollecitazioni delle domande che invece sono visualizzate tramite proiettore dall’accesso “docente”. Ad ogni schermata gli alunni rispondono pigiando il bottone corrispondente alla risposta desiderata e il sistema fornisce immediatamente feedback relativo alla correttezza e invoglia ad una festosa competizione creando subito le classifiche degli alunni in base al punteggio. Detto così può sembrare qualcosa di antipatico e stizzoso, in realtà è molto divertente, può realmente essere utilizzata in determinati momenti della didattica per rinsaldare il gruppo, fare il punto su un argomento prima di una prova di valutazione, alleggerire eventuali tensioni.

Continuando il nostro giro ideale della mappa troviamo strumenti e ambienti che si sovrappongono a quelli trattati nella mappa “produzione di contenuti” e non a caso, essendo la produzione di contenuti operata dagli studenti forse la più qualificata attività nella quale si estrinsecano le competenze raggiunte. Nella mappa ho indicato alcuni tra i social network più classici per la pubblicazione di fotografie (Flickr), di video (Youtube), di sitografie (Delicious), di interventi generali (Facebook). In quanto social network l’inserimento del loro utilizzo nella didattica deve essere informato e deve avvenire con cautela rispettando i limiti di età previsti e sorvegliando costantemente che si tenga il “focus” sugli obiettivi prefissati. A differenza dei quiz li ho raccolti alla voce “innovativi” perchè sequesti potevano e possono pur sempre essere effettuati su carta, la partecipazione ai social network nasce col diffondersi delle tecnologie di rete e va considerata come possibilità prima non esistente. Ho inserito tra questi anche l’utilizzo di Whatsapp perchè la sua diffusione ci obbliga a considerarne le potenzialità soprattutto nella formazione di gruppi di discussione e di confronto.

Completa la mappa la presenza di Edmodo, un ambiente web per la formazione di classi virtuali che sta incontrando grandissimo successo per completezza e immediatezza di utilizzo. L’ho inserito qui perchè mette a disposizione due possibilità di interazione chiamate rispettivamente “compito” e “quiz”. Il primo prevede la consegna da parte degli alunni di un file, un elaborato che poi il docente deve valutare personalmente. Il quiz, invece, comprende le tipologie classiche con correzione automatica e feedback sulla risposta. Non mi dilungo perchè su Edmodo tornerò a parlare in altro post.

 

Tecnologie digitali … (5) – Osservazioni sul campo

In questi ultimi due giorni ho tenuto un corso di aggiornamento presso un grosso istituto comprensivo della provincia palermitana con l’obiettivo di aggiornare i docenti all’utilizzo della Lavagna Multimediale Interattiva (LIM). Ho incontrato colleghi attenti e motivati, realmente desiderosi di utilizzare la tecnologia nella pratica didattica, e ho vissuto con loro due giorni di grosse difficoltà che voglio qui socializzare perchè ritengo si tratta di una situazione riscontrabile in una grande maggioranza di situazioni scolastiche. Vediamo perchè. Leggi tutto “Tecnologie digitali … (5) – Osservazioni sul campo”

Tecnologie Digitali . . . (4) – Produzione di contenuti

Produzione contenuti

Quello della produzione dei contenuti è un tema sicuramente centrale nelle attività scolastiche. Anche chi, tra i docenti, si volesse ancora ostinare a lasciare i compiti “da pag. xx a pag. yy” del libro di testo, si troverebbe comunque a dover avere a che fare con materiali prodotti dai ragazzi in una delle tante possibili forme digitali. Ma la maggior parte di noi docenti si trova più o meno piacevolmente impegnato nella preparazione di materiali didattici da distribuire ai ragazzi o sotto forma di integrazione del testo o perché si stanno adottando metodologie innovative quali la flipped classroom o perché si vuole aiutare qualche alunno che trova il testo in adozione troppo difficile da seguire.

Le divisioni e le classificazioni operate nel costruire questa mappa devono considerarsi indicative ed esemplificative: a destra troviamo strumenti il cui utilizzo è opportuno per la produzione di materiali strutturati ed estesi sotto forma di pubblicazioni in formato elettronico o di unità didattiche, quindi strumenti essenzialmente rivolti ai docenti. Nella parte a destra troviamo strumenti idonei alla realizzazione di contributi anche granulari e quindi idonei sia per gli studenti, ad esempio per la creazione di elaborati da consegnare, sia per i docenti. Qui nel seguito cercherò di evidenziare le caratteristiche peculiari di ognuno di essi.

In alto a destra troviamo tre strumenti per la realizzazione di libri elettronici in formato epub ovvero nel formato ideale per pubblicazioni da fruire tramite e-reader, tablet e cellulari. Si tratta di un formato “aperto” e quindi particolarmente indicato per rilasciare materiali sotto forma di “Open Educational Resources” (OER). Nell’ordine dall’alto in basso le prime due: Calibre e Sigil sono applicazioni gratuite e liberamente scaricabili e installabili sul proprio computer. L’utilizzo preminente per Calibre è quello della conversione di documenti originariamente in diversi formati verso il formato ePub, mentre con Sigil si ha la possibilità di produrre ex-novo il documento e di entrare molto profondamente nei meandri della struttura informatica dello standard. Personalmente prediligo, e consiglio fortemente, l’utilizzo del terzo strumento, ePubEditor: si tratta di un ambiente on line estremamente intuitivo da utilizzare e molto, davvero molto “potente”. Nella versione base (basta una semplice registrazione sul sito) mette a disposizione gratuitamente una quantità di strumenti e possibilità che difficilmente riusciremo ad utilizzare al completo. I vantaggi consistono nel non richiedere nessuna particolare formazione all’utilizzo dello standard e nessuna conoscenza aggiuntiva oltre al classico utilizzo di word e l’utilizzo delle classiche “textarea” per la generazione degli articoli su un blog.  In più ePubEditor è fatto per registrare contributi in formato epub3, cosa che consente l’inserimento immediato di elementi multimediali quali audio e video e la generazione di quiz interattivi a valutazione automatica. Nel mio piccolo ne ho ricavato una dispenza per la soluzione delle reti elettriche liberamente scaricabile. Grazie alla presenza dei quiz mi è molto utile per il recupero in itinere e per fornire ai miei studenti un materiale stringato e perfettamente centrato sugli obiettivi del nostro corso.

A seguire in senso orario sulla mappa ho indicato una soluzione idonea all’utilizzo dei tablet direttamente in classe mentre si svolge la lezione: si tratta di Explain Everything, una app disponibile sia in ambiente iOS (iPad) che Android (quasi tutto il resto del mondo). La app è a pagamento, costa, ad oggi, circa 6 euro ma ne vale assolutamente la pena. Giusto per avere una idea, la sua caratteristica è di funzionare come un generatore di presentazioni capace di registrare in tempo reale sia audio che video. Collegando il tablet al proiettore dell’aula è possibile fare lezione e contemporaneamente registrarla in modo da poterla in secondo tempo riutilizzare, modificare, mette a disposizione come materiale didattico. Consente di scrivere a mano col pennino, inserire testi formattati, inserire immagini, creare animazioni, etc etc. Per toccare con mano le sue diverse possibilità sul sito sono disponibili una serie di presentazioni liberamente fruibili e scaricabili. Un esempio di materiale realizzato dal sottoscritto è reperibile qui: Serie di resistori ove si vede il video ricavato dalla app. In questo altro esempio (Calcolo tensione su un condensatore) il materiale prodotto è stato salvato in pdf.

Nella parte sinistra della mappa troviamo strumenti per la creazione di contenuti nelle forme più diverse e per lo più fruibili direttamente tramite web. Continuando l’esplorazione in senso orario troviamo indicati un software per la creazione di screencast ovvero Screencast-O-Matic.Uno screencast è un video che viene ricavato direttamente dallo schermo del pc o del tablet: ad esempio la dimostrazione di utilizzo di un software o la registrazione di una lezione dal vivo sulla lavagna interattiva. La registrazione comprende il video mostrato a monitor, una finestra aggiuntiva con immagine prelevata dalla webcam tipicamente il docente che parla, l’audio catturato dal microfono del pc o del tablet. Screencast-O-Matic lancia una sessione di registrazione direttamente dal sito web, e consente di ottenere il software di produzione anche in modalità residente, facendolo installare sul pc. Videolicious è dedicata ai tablet ed è a tutti gli effetti una app da installare per la produzione di veri e propri video e comprende in sé sia gli strumenti per la ripresa che gli strumenti per il montaggio del video e il suo rilascio finale. Strumenti di questo genere ne esistono parecchi, i due sopracitati sono stati scelti per la certa immediata funzionalità.

Continuando ad esplorare la mappa troviamo il logo del più affermato strumento per la produzione di “wiki“, ovvero “mediawiki“, il motore sottostante la più famosa “wikipedia”. il suo uso però non è dei più semplici: va installato su un server web per la realizzazione di un nuovo sito con funzionalità “wiki”. Ai fini scolastici è più funzionale rivolgersi a soluzioni che ci forniscono già un wiki preinstallato e immediatamente usabile ad esempio wikispaces che fornisce gratuitamente un ambiente già configurato per una classe, basta una semplice registrazione s subito si ha a disposizione un sito web di tipo “wiki”. Per capire le potenzialità del suo utilizzo in classe bisogna aver presente che si tratta di un ambiente web, un sito web quindi, le cui parti possono essere scritte ed editate tutte le volte che si vuole da qualsiasi componente della classe. Si pensi ad esempio ad una documentazione di progetto oppure ad una relazione o una ricerca su di un dato argomento. Il docente potrebbe generare sul wiki una pagina indice; gli studenti, a partire da quell’indice , generano altrettante pagine inserendovi testo, immagini e quant’altro sia utile alla trattazione. Quello che vien fuori è un documento editato cooperativamente e collaborativamente dall’intera classe. Il sistema ha particolare valore formativo perché in ogni momento è possibile risalire al’autore di ogni contributo inserito. Inoltre è sempre presente il sistema di “versioning” (controllo di versione in italiano) che consente il ripristino di una pagina alla versione corrispondente ad una certa data. In tal modo anche se qualche studente inserisce dei contributi non corretti o esegue delle manovre improvvide cancellando accidentalmente una parte del testo, con un solo click la pagina è ripristinabile alla versione desiderata. Lavorando con i ragazzi non è cosa da poco!

Continuando in senso antiorario incontriamo sulla mappa il logo di wordpress, uno dei generatori di blog più diffusi. Su wordpress.com è possibile ottenere un proprio blog personale gratuitamente e in pochissimi minuti. Su cosa sia un blog e sulla sua immediatezza di utilizzo non mi dilungo, eventualmente consiglierei di leggere qualcosa del genere e direttamente di provare a farne uno. Il suo utilizzo, essendo per lo più uno strumento personale, lo riserverei agli alunni della secondaria oppure ai docenti ma, chiaramente, con scopi e obiettivi differenti. A cosa serve un blog? A fare portfolio, a fare diario, a tenere conto e traccia di citazioni e contributi differenti, a fornire una presenza e una visibilità sulla rete. Tenere un blog significa pubblicare più o meno periodicamente dei contenuti con un incredibile ricaduta sulle abilità di ricerca e di scrittura e un notevolissimo incremento di pensiero critico.

Non rimane che da parlare di Google “Drive”, già “documents” che più che come semplice strumento o ambiente si propone come vera e propria galassia onnicomprensiva. E infatti alcuni aspetti non sono così di immediato utilizzo come potrebbe sembrare, ma vale la pena imparare ad utilizzarlo, assolutamente. Per accedere a “Drive” è necessario possedere un account google, tutto si basa e ha inizio da qui: fare un indirizzo di posta elettronica su gmail. Una volta fatto questo si ha immediato e gratuito accesso a tutti gli ambienti e strumenti messi a disposizione da “Drive” a partire da una suite di software di tipo “office” (compatibile microsoft) assai completa e funzionale.

googledriveRiporto qui sopra il menu che si apre una volta fatto accesso a drive e click su “nuovo”: come si vede si può creare una nuova cartella, caricare dei file, caricare intere cartelle di file; sono, queste, funzionalità da disco rigido, da sistema operativo. I successivi menu consentono di creare dei documenti di testo anche con formattazione complessa, dei fogli elettronici tipo excel, delle presentazioni con le slide. Qualsiasi documento prodotto è automaticamente conservato sulla spazio che drive mette a disposizione dell’utente ed eventualmente esportato e scaricato in diversi formati: pdf, doc, ppt, etc. Qualsiasi documento e/o cartella è condivisibile con altri utenti ai quali si può dare facoltà di modifica ed ulteriore condivisione. Si tratta quindi di un ambiente con spiccate caratteristiche collaborative. Gli ulteriori menu consentono di creare “moduli” da mettere on line e far completare agli utenti per l’effettuazione di sondaggi, la raccolta dati o altro. Non manca un ambiente di disegno e un’altro per la creazione, congiuntamente con “Maps”, di mappe personalizzate. Si tratta quindi di uno strumento prezioso: evita l’acquisto e l’installazione di software a pagamento, consente la collaborazione a più mani sullo stesso documento, consente la condivisione online immediata con tanto di link da potere incollare sui blog e sui social, consente di avere a disposizione strumenti del tutto nuovi e innovativi rispetto ai sistemi tradizionali (si pensi alle mappe editabili e ai sondaggi on line con statistiche automatiche e immediate). Le possibilità messe a disposizione da Google non si esauriscono qui comprendendo anche la possibilità di realizzare siti web, di pubblicare su youtube, di fare videochiamate, etc. etc. ma queste sono funzioni di comunicazione e interazione piuttosto che di produzione di contenuti e quindi vanno trattate in altra mappa.

Tecnologie digitali… (3) – Il modello SAMR

Mi sembra interessante, in questa carrellata di riflessioni su come le diverse tecnologie digitali possano essere utilmente utilizzate ai fini della implementazione delle funzioni di un ambiente di apprendimento, fare questa piccola digressione su come l’ambiente di apprendimento viene modificato dalla introduzione delle tecnologie. L’autore parla esplicitamente di “computer technology” probabilmente perché la ricerca ha inizio in epoche precenti la diffusione di tablet e cellulari ma la sua validità è certamente estensibile all’utilizzo di questi ultimi. La cosa più significativa da mettere in evidenza riguarda il passaggio dall’insegnamento centrato sul docente all’apprendimento centrato sullo studente. Non è cosa da poco: sul piano pedagogico si tratta di un passaggio epocale sulla cui necessità non è piu possibile nutrire dubbi. D’altro canto bisogna essere consapevoli della esperienza ormai comunemente riportata anche in letteratura che mettere nelle mani degli studenti un tablet equivale a perdere il controllo della classe. Nel mio piccolissimo non posso che confermare. Si tratta quindi di modificare profondamente l’approccio all’insegnamento e si tratta, cosa questa che non sento citare, di modificare anche le aule per adattarle ai nuovi usi, la prima modifica dovendo essere, a mio parere, la loro correzione acustica, accorgimento senza il quale diventa assai difficile far lavorare autonomamente i ragazzi.

 

Quella che segue è la traduzione di questa pagina:https://sites.google.com/a/msad60.org/technology-is-learning/samr-model sviluppata daDr. Ruben Puentedura  http://www.hippasus.com/

.samr-model

SAMR Model

Il modello SAMR (Sostituzione Aumentazione Modificazione Ridefinizione) offre un metodo di visualizzazione dell’impatto della tecnologia nell’insegnamento e nell’apprendimento. Mostra anche la progressione che in qualche caso viene seguita da coloro che adottano le tecnologie nell’insegnamento. Si potrebbe argomentare e confutare l’appartenenza di una data attività ad un livello o ad un altro, ma il concetto più importante da mettere qui in evidenza riguarda il coinvolgimento degli studenti. Si potrebbe misurare la progressione dell’inserimento osservando il cambiamento di soggetto che pone le domande. Man mano ci si sposta nel continuum, la tecnologia diventa gradatamente più importante nella classe e allo stesso tempo diventa più invisibilmente intessuta alla richiesta di buon insegnamento e buon apprendimento.

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 Sin qui la traduzione. Mi consento qualche considerazione personale.
Trovo centrata l’analisi e la sua visualizzazione grafica. Forse migliorabili sono gli esempi delle possibili attivitá, soprattutto a livello “ridefinizione”. L’autore infatti cita la possibilità di creazione di un documentario video ritenendo evidentemente che si tratti di un qualcosa precedentemente non immaginabile. É vero sino ad un certo punto. Già in passato infatti era possibile pensare alla realizzazione di un supporto audiovisivo, seppure tradizionalmente “analogico”: certamente era piú difficile e costoso ma non impossibile. Ma c’è dell’altro, il discorso non si ferma alle differenze tecnologiche. Sin da quando abbiamo iniziato a domandarci dell’utilizzo pedagogico dei nuovi media ci siamo resi conto dell’ampliamento del concetto di “testo”: in questo senso assegnare lo svolgimento di un  tema o la realizzazione di un video non differiscono se non nel registro linguistico e nelle inevitabili differenze nelle competenze relative alla “scrittura”. Personalmente ho la sensazione che i compiti precedentemente non immaginabili non possano che riguardare l’interazione negli ambienti precedentemente inesistenti, ovvero il web 2.0 (sembra ormai una definizione abusata ma il suo utilizzo nelle scuole é ad oggi vergognosamente sottostimato) e i social network. Sono queste, credo, insieme ad altre che in questo momento non riesco o non possiamo immaginare, le aree cui rivolgere lo sguardo per trovare attività realmente innovative.
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Aggiungo il 19/09/2016 questa visualizzazione che mi pare interessante:

Tecnologie digitali…(2) – Accesso all’informazione

Accesso-informazione

Qua andiamo abbastanza sul facile, non credo siano in molti a ritenere e a sostenere che a scuola l’informazione possa e debba provenire esclusivamente dal docente e dai libri di testo. Poche parole dunque per sottolineare solo che se si vuole garantire l’accesso reale tramite la rete bisogna predisporre un buon contratto con velocità adeguata, una rete locale correttamente dimensionata, una rete wireless adeguata. Sconsigliate le configurazioni economiche “fai da te”, per esperienza possiamo tranquillamente dire che non funzionano: ci vogliono switch ed access point adeguati all’utilizzo da parte di una comunità di svariate centinaia di persone, la situazione è ben diversa da quella domestica.

Parallelamente alla adeguatezza dell infrastruttura hardware (e in parte ad essa connessa) è il tema della sicurezza. Chi scrive non è fautore della “chiusura” dell’accesso ad alcuni siti da parte dei docenti e degli alunni, anzi, credo che avere una rete aperta a tutte le risorse dia la possibilità ai docenti di svolgere quella ormai ineludibile formazione all’utilizzo corretto della rete. Personalmente sono convinto che la sicurezza debba basarsi non sulla chiusura ad alcuni contenuti ma alla protezione da malware, da accessi indesiderati, truffe on line, protezione dei dati e della privacy soprattutto nei casi di server scolastici. Deve anche assicurare il corretto utilizzo della banda passante (quante volte abbiamo notato “torrent” e “muli” lasciati in azione nei laboratori . . .).

Dal punto di vista degli strumenti per l’utilizzo della infrastruttura di rete credo si sia abbastanza a buon punto, non è questo il collo di bottiglia. Molte scuole sono sufficientemente dotate di lavagne interattive con pc connesso in rete, soluzione questa ottimale per una grande maggioranza delle situazioni, quelle dove non occorre o non sia opportuno che ogni alunno faccia autonomo accesso alla rete (scuola primaria ad esempio), oppure quelle nelle quali si prediligano azioni didattiche centrate sulla lezione frontale. L’utilizzo delle aule informatiche è da limitare alle situazioni nelle quali siano indispensabili e cioè essenzialmente ai corsi di informatica o ai corsi centrati su sw applicativi. In tutti gli altri casi sono ergonomicamente non efficienti: personalmente mi piace assai poco ritrovarmi con 20 persone che non riesco a guardare in faccia perché nascoste dal monitor! Sempre più spesso ci si ritrova, e ancora più avverrà nel prossimo futuro, nella possibilità di utilizzare dispositivi portati dagli stessi studenti, cellulare in primo luogo ma anche tablet e notebook: la logica viene chiamata Bring Your Own Device (ognuno porta il suo personale dispositivo) nell’ambito della cultura pedagogica anglosassone e teoricamente potrebbe risolvere d’un colpo una serie di problemi. Naturalmente introducendone altri, ad esempio la scarsa possibilità di controllo da parte del docente, ma questo, come sta chiaramente palesandosi da più parti, è diventata una variabile importante ed ineludibile della progettazione educativa.

2 – continua

Le altre puntate:

  1. Tecnologie digitali negli ambienti di apprendimento

Tecnologie digitali negli ambienti di apprendimento

Sto preparando in questo periodo dei materiali per dei percorsi di formazione e aggiornamento per docenti e dirigenti scolastici sulle tematiche delle tecnologie negli ambienti di apprendimento. La riflessione quindi è rivolta agli ambienti di apprendimento da implementare a scuola e tralascia altri ambiti quali la formazione on line, la formazione permanente, etc. Comincio qui a pubblicarli in una logica di condivisione e di collaborazione chiamando e sollecitando chiunque vorrà intervenire a farmi conoscere le sue critiche costruttive, a suggerirmi modifiche, a indicarmi opportune correzioni. La “collezione” completa di questi interventi costituirà alla fine il nucleo del materiale formativo che verrà rilasciato in licenza Creative Commons.

Mi piacerebbe riuscire a fissare le idee su alcuni punti fondamentali e alcuni snodi “chiave” e fornire allo stesso tempo dei materiali riutilizzabili nel tempo e utili per individuare un utilizzo, individuare un software, una app, un ambiente web, con esempi sull’opportunità del loro utilizzo e i necessari riferimenti tutoriali. Mi sono quindi subito orientato sull’utilizzo della mappa concettuale come strumento base di questa comunicazione formativa; infatti la mappa, già con la sua architettura e topologia veicola dei significati, consente una lettura sintetica e rapida dando al contempo i riferimenti per gli approfondimenti, e poi consente una lettura e una fruizione non lineare che si adatta flessibilmente alle esigenze informative e conoscitive di persone diverse in tempi diversi.

La mappa di base vede al suo centro il concetto di “ambiente di apprendimento” (al momento ne riporto qui solo la zona centrale)Ambienti di apprendimento2 semplificata

immediatamente contornato da quelle che sono le “funzioni” che un tale ambiente è chiamato a svolgere; in termini di lista:

  • garantire l’accesso all’informazione
  • utilizzare, incoraggiare la comunicazione  e mettere a disposizione strumenti appositi
  • facilitare e razionalizzare la progettazione, la documentazione e il tracciamento dei percorsi di apprendimento
  • consentire la differenziazione dei percorsi di apprendimento in funzione delle differenti velocità e differenti stili di apprendimento degli alunni
  • documentare le competenze raggiunte
  • mettere a disposizione strumenti e metodi per la registrazione e produzione di contenuti
  • implementare metodologie attive come quella del “fare”
  • offrire strumenti, metodi e occasioni di interazione formativa
  • implementare strumenti per la valutazione e quindi anche per l’assegnazione di compiti.

Si vede facilmente come alcune funzioni sarebbero ulteriormente raggruppabili e generalizzabili, ad esempio offrire strumenti di interazione e offrire strumenti di comunicazione, ma un tale livello di sintesi rischierebbe di far perdere parte della ricchezza e complessità caratterizzanti un ambiente di apprendimento.

Nel seguito utilizzerò ulteriori mappe a partire dai nodi in colore giallo in modo da associare alle diverse funzioni diversi possibili strumenti che la tecnologia digitale mette a disposizione.

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Aggiornamento 22/08/16

Inserito “differenziazione” dei percorsi di apprendimento su suggerimento di Claudia Perlmuter

 

Riflessione scolastica

Periodo difficile questo che precede la chiusura dell’anno scolastico: difficile perché è tempo, in tutti i sensi, di valutazioni finali, è il tempo nel quale si capisce cosa si è riuscito, o meno, insegnare ai propri alunni. Attacco subito con un mea culpa: ebbene si, credo mai come quest’anno, la percentuale di insuccesso formativo,  i n s u c c e s s o, sì, sia vicina al 100%. In altre parole: non sono riuscito ad insegnare niente a nessuno! O quasi. Non c’è da stare sereni, proprio per niente. Ovvio interrogarsi sulle cause: ebbene, credo proprio di avere sbagliato tutto! Lasciatemi dire come. Quest’anno, per la prima volta da quando insegno elettronica, non ho avuto quinte. E già, con l’ultima riforma nell’indirizzo “Informatica” dei tecnici, elettronica si ferma al quarto anno. Magnifico, dico io ai ragazzi, vuol dire che finalmente saremo liberi di fare qualcosa di veramente significativo perché non avremo da prepararci alle classiche domande di esame! Di conseguenza centro tutta la mia attività su un qualcosa che a scuola è rivoluzionario, metto in mano ai ragazzi “Arduino”, ovvero metto nelle loro mani il cuore pulsante dell’intero movimento dei makers a livello mondiale! Chissà cosa verrà fuori, pensavo. E infatti non è venuto fuori praticamente niente. Dopo qualche iniziale settimana, esaurito l’effetto novità, le dinamiche sono state quelle purtroppo ormai usuali: resistenza passiva, disinteresse, incuria, sciatteria. Il risultato è quello che ho già detto. La considerazione è che, evidentemente, ho sbagliato ancora una volta a prevedere la reazione dei ragazzi; ho pensato a quello che sarebbe successo a me, alla curiosità che la proposta avrebbe generato, all’interesse e alla motivazione conseguente.

Ma credo che su questo tema della demotivazione altri, molto più quotati di me, hanno già speso le loro riflessioni. Mi dirigo quindi ad una seconda riflessione sul tema, ma anche questa volta devo brevemente raccontare da cosa scaturisca. Ebbene, tempo di interrogazioni finali, incastro me e loro, loro, ovvero i ragazzi delle varie classi, intendo, con uno stringente calendario di interrogazioni programmate. Per ogni classe i vari nomi giorno per giorno, gli argomenti sui quali avrei centrato la verifica, gli eventuali materiali ad integrazione degli appunti e del libro di testo. Tutto ben comunicato e organizzato su “Edmodo”, piattaforma che usiamo un po’ tutti per comunicare con i ragazzi al di là della presenza in classe. Risultato: quasi tutti si fanno trovare impreparati! E qua il discorso si fa assai impegnativo: che vuol dire “impreparati”? Ci sono quelli che, nonostante fossero perfettamente a conoscenza della scadenza, hanno ritenuto che non fosse il caso di preparare il colloquio. E infatti te lo dicono subito: “no professore, sono impreparato . . .” Vabbé si fa presto a mettere un due e andare avanti. Poi ci sono quelli che accettano il colloquio esaurendolo dopo le prime tre parole (non scherzo) dell’argomento ” a piacere”. Vabbé, hanno fatto lo sforzo di alzarsi dal posto, si beccano un tre e avanti un altro. Loro vanno via non contenti ma nemmeno dispiaciuti. Il prof sottoscritto rimane assai pensoso e si fa domande del genere: “era o non era consapevole di non sapere nulla?”; “come mai la scelta di un argomento del quale non si riesce a parlare?”; “quale il livello di consapevolezza circa i propri saperi?”. Ma le categorie di impreparazione non sono ancora finite: ci sono quelli che vengono a ripetere a memoria un testo che somiglia ad un temino delle elementari (giuro, non ho nulla contro le elementari, anzi il contrario) ma che non hanno alcuna capacità di ragionare su uno schema, un diagramma, delle caratteristiche tecniche, delle espressioni matematiche. Li classifichiamo come “immaturi”, prendono un bel quattro e vanno al posto un po’ perplessi: “ho parlato e ho ripetuto”, pensano loro . . . come mai il quattro? E sempre il sottoscritto docente rimane lì a farsi, tra sé e sé, ulteriori domande: ” ma dove l’hanno presa questa cosa del temino da bravo bambino quando nemmeno una volta in classe abbiamo fatto qualcosa del genere? Perché, attenti come sono a “cosa vuole sapere il professore”, adottano poi uno schema comportamentale (non oso chiamarlo cognitivo) evidentemente derivato da altre discipline e da altri, precedenti, anni scolastici? A queste domande qualche risposta riesco a balbettarla: evidentemente hanno acquisito, nei vari anni scolastici, la convinzione che a loro sia richiesto di ripetere a memoria e senza senso un qualche testo che gli è stato proposto. La memoria riescono ad usarla, almeno quelli che un po’ di sforzo sono disposti a metterci, e così la utilizzano al posto della sistematizzazione, della modellazione, del pensiero critico, della capacità di applicare le conoscenze alla soluzione di problemi. “Fa proprio schifo la scuola, pensa sempre lo stesso sottoscritto prof, se è riuscita a fare tutto questo danno!” Ma ancora non abbiamo finito con le categorie di impreparazione, arriviamo a quella che proprio stamattina mi ha provocato una violenta reazione di indignazione, sì, proprio così, indignazione. Stiamo parlando della categoria di studenti che magari sembrano anche bravini, ti illudi, quando li guardi seduti ai loro posti: prendono appunti, in qualche modo seguono ( almeno ti fanno capire questo), sembrano ragionevoli e ordinati. In qualche modo il povero prof  si ritrova a nutrire una qualche aspettativa nei loro confronti, almeno loro una bella interrogazione me la faranno sperimentare! Atrocemente sbagliato . . . quello che è successo stamattina mi ha fatto pensare ad un novello medioevo, alla superstizione, alla mancanza totale di raziocinio. Un ragazzo cui avevo chiesto di calcolare la corrente in un semplice circuito comincia a scrivere delle cose alla lavagna: ebbene mi accorgo che al posto di seguire i passaggi logici e matematici del caso sta arrancando ancora una volta facendo ricorso alla memoria. Il risultato è che la stessa grandezza elettrica scritta in due righe successive cambia forma e sostanza! Richiesto del perché e invitato a fare l’evidente correzione il ragazzo non riesce a fornire alcuna spiegazione e a modificare di una virgola il suo operato.. Questo episodio, ripetuto tante volte, e tanti altri che qui non racconto sennò esaurisco il blog, mi fanno chiaramente capire quanto grande e grave sia lo scollamento tra il segno e il suo significato. Ciò accade per i simboli, per le lettere, per le espressioni matematiche e non. Non è solo questione di “formule” matematiche: lo stesso avviene con un testo verbale o multimediale che sia, lo stesso avviene con un grafico e una schematizzazione. Ciò che viene scritto e riportato dai ragazzi per i medesimi non ha alcun significato, si tratta di un qualcosa che viene portato fuori in qualche modo che esclude certamente il ragionamento, la consequenzialità, lo sviluppo di un pensiero, il seguire un processo.  Il risultato è che vengono fuori delle cose senza senso e che nessuno in classe sia in condizioni di accorgersi che sono senza senso! Il paradigma “soggetto-predicato-complemento” è del tutto disatteso: al posto di frasi, anche molto semplici, vengo fuori solo singole parole chiave. La distinzione di causa ed effetto è totalmente assente, del fenomeno osservato, del sistema studiato non si distingue il sopra dal sotto, l’ingresso dall’uscita. Devo dire che questa cosa mi ha molto spaventato, mi sembra segno e sintomo di una rinuncia a pensare, a capire, a imparare. Mi sembra che lo spirito dei “lumi”, della razionalità, che pure riteniamo fondante di tutto il nostro pensiero contemporaneo e della maggior parte delle nostre competenze sia andato totalmente perduto. Ammetto di essere impreparato io, questa volta, ad affrontare questa emergenza. E come si fa? Tutto l’anno non ho fatto altro che mostrare loro esempi di ragionamento, allenandoli a “tradurre” una espressione matematica in italiano o a tradurre una affermazione in espressione matematica. Tutto l’anno ho proposto loro schemi, diagrammi e modelli mostrando come già la semplice loro “lettura” sia fondamentale atto conoscitivo. Devo ammetterlo: mi sembrano pazzi (attenzione, sto parlando di individui dai 16 ai venti anni, non di bambini) quando vedo indifferenza di fronte a tutta questa evidenza. Mi sembra che siano pronti a credere e ad agire in base a tutto quell’insieme di superstizioni e di credenze di cui nei recenti passati secoli ci siamo, a fatica, liberati. Se lo stesso gatto ( o corrente elettrica nel caso dell’alunno di cui sopra) in un rigo è bianco e nel successivo è nero significa che il pensiero è stato abolito. Cosa è successo a queste generazioni? E’ effetto del mercato? E’ effetto del ventennio berlusconiano nella cultura del quale sono cresciuti? E’ effetto della disponibilità immediata in rete di così tante informazioni che non sanno che farsene? E che possiamo fare, come docenti, per correggere la rotta?