Studenti antigelmini ed uso dei media

Si annuncia per domani la manifestazione finale dell’attuale movimento studentesco contro la riforma Gelmini. Mi viene voglia di cominciare qualche riflessione, spero che i miei studenti vogliano partecipare e dare il loro contributo.

Ho fatto un giro in rete per cercare di capire, relativamente al caso della mia città:

  • la provenienza delle notizie riguardo la protesta
  • l’uso della rete da parte degli studenti.

Si tratta di una piccolissima indagine senza alcuna pretesa di completezza e scientificità, ovviamente, l’ho fatto giusto per farmi un’idea della situazione.

Fondamentalmente ho cercato su Facebook a partire da “studenti medi palermo” (c’è un coordinamento omonimo) e su Google inserendo come criterio di ricerca le parole studenti, palermo, gelmini.

Cosa ne ho tratto:

  • come strumento di comunicazione la rete è stata usata pochissimo almeno relativamente alle esigenze di: coordinamento, diffusione dell’informazione, analisi critica dei documenti, dibattito
  • a livello di diffusione della protesta il maggior peso lo hanno decisamente mezzi tradizionali di tipo broadcast, giornali in testa. Parecchio viene anche dai blog, ma raramente da blog gestiti direttamente dagli studenti.

Nel complesso la sensazione è quella di una diffusa cultura di tipo televisivo (ahimè), capace di generare eventi-spettacolo  facilmente veicolabili dai media tradizionali ma ancora impacciata e confusa in quanto ad uso autonomo dei media sia per la comunicazione che la produzione di informazione.

Mi piacerebbe essere smentito e comunque potere approfondire l’argomento.

Lettera aperta alla ministra Gelmini

Ricevo dai colleghi del Vittorio Emanuele III di Palermo e, volentieri, rilancio.

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Lettera aperta al Ministro Gelmini,  discussa ed inviata dai docenti dell’ITI Vittorio Emanuele III di  Palermo, riuniti in assemblea il 24/11 2010 .

Cara Signora Ministra Maria Stella Gelmini

Se i tempi, scolasticamente parlando, non fossero così grami e l’umore non fosse, di conseguenza, così a pezzi, avremmo commentato in stile “la sai l’ultima?” Il Suo annuncio di pochi giorni fa circa la prospettiva allettantissima di poterci guadagnare nientemeno che uno stipendio in più in un anno, a condizione di essercelo meritato, s’intende ; di essere stati, cioè, molto bravi ,e di aver conseguito il bollino blu da parte di una Commissione interna ecc..,ecc….

Dimenticavamo, a patto di lavorare, almeno per il momento, a Torino o a Napoli e di trovare la copertura finanziaria in tempi da profondo rosso, di tagli da 8 miliardi, di contratti non rinnovati.

Quando si dice , la meritocrazia….

Vogliamo confessarLe  – sarà un vezzo professionale – che per noi,ma, pensiamo, anche per tanti, la parola  “riformafilologicamente evoca  il significato di rinnovamento e di avanzamento verso una condizione migliore, verso prospettive più aperte e utili alla crescita culturale dei più giovani, al benessere sociale ed alla coesione civile dell’intero paese.

Le confessiamo che facciamo molta fatica a intravedere tutto ciò nella Sua operazione, altrimenti da Lei stessa definita “riforma epocale”; iniziativa tesa non solo ad operare i famigerati tagli impostiLe dal Suo ben più pensoso collega Tremonti, ma a stravolgere e a rinnegare i principi e i propositi , forse la visione strategica dell’avvenire che dai tempi della Costituente si era prefisso e, in buona misura , ha attuato, chi ha guidato le vicende del nostro paese ,dal Governo e dall’opposizione parlamentare .

Lei è giovane, Signora Ministra, ma certamente non opera in solitudine e qualcuno avrebbe dovuto prefigurarLe l’ammontare dei danni che il suo intervento legislativo avrebbe comportato.

Qualcuno Le ha ricordato che la più grande smobilitazione culturale della storia  repubblicana, ottenuta con la dismissione di tutti i posti di lavoro venuti meno a causa dei Vostri tagli occupazionali, qui da noi, solo nella nostra provincia, ha provocato, il licenziamento di fatto di circa 4.000 persone?

Ha mai pensato che dietro l’oggettività dei numeri, già di per sé se imponenti, c’è stata – e ci sarà – una forte diminuzione di opportunità e di attenzione ai bisogni formativi dei nostri bambini e dei nostri ragazzi e anche delle loro famiglie, che dietro alla forza delle cifre è stata operata una notevole diminuzione dei diritti di piena cittadinanza nazionale ed europea?

E la cittadinanza, consapevolmente acquisita e realmente vissuta, riteniamo sia indispensabile per poter realizzare quell’idea di federalismo che ha sì nobilissime radici storiche e politiche, ma che, al momento, ci appare piuttosto sacrificata ad un modello arrembante, da darwinismo sociale cinico , egoista e molto angusto dal punto di vista etico e culturale.

Ma “cittadinanza non era una parola chiave del Suo syllabus ministeriale?

Vede, Signora Ministra, noi siamo persone comprensive e tolleranti anche se abbiamo una certa memoria, ma anche una certa visione del futuro. Glielo diciamo non per rivangare alcune dichiarazioni sulla professionalità degli insegnanti del Sud, con cui ha esordito, all’indomani dell’assunzione della Sua alta carica, o dei Suoi conclamati e ribaditi propositi relativi al reclutamento “territoriale” dei docenti sulla base di non meglio specificate priorità di merito (culturali, etniche, linguistiche?).

Certo, un atteggiamento d’esordio spocchioso, quanto stizzosamente e vacuamente ostile non è proprio ciò che noi insegnanti, qualcuno magari con qualche esperienza guadagnata sul campo e con qualche livello di riconosciuta dignità professionale, ci saremmo aspettato.

Capisce, Signora Ministra, per quali e quanti motivi- ed abbiamo accennato solo ad alcuni- non possiamo che condividere il disagio, ma anche la voglia di partecipare e rivendicare, che esprimono oggi i nostri alunni ai danni dei quali si sta operando il più clamoroso furto di presente e di futuro?

Ovviamente stiamo parlando solo delle ragioni, delle motivazioni intrinseche di una protesta che non è solo generazionale; i metodi e i tempi li decideranno loro, i ragazzi e le ragazze, di cui finora abbiamo apprezzato la compostezza, il bisogno di conoscenza e di socializzazione delle loro esperienze e di cui abbiamo accolto l’invito a dialogare nella chiarezza dei rispettivi ruoli.

Sa, molti di noi ritengono che insegnare a leggere, ad analizzare, a scrivere e “a seguire vertute e canoscenza”sia ancora più che mai , il compito professionale che gli è stato e che si sono assegnati .

Per questo ci piace vedere che i nostri ragazzi manifestano il gusto di sapere, che si apprestino a prendere il largo, a mettere se stessi “per l’alto mare aperto.

Cordialmente, Signora Ministra, e ci piacerebbe poter aggiungere: “con stima”.

(lettera firmata)

Learning object chiusi: non sono vera innovazione

E’ quanto sostiene Antonio Fini nel brillante post Learning object e carrozze a motore . Cito una delle affermazioni più significative, una frase che sintetizza e chiarisce in un sol colpo una molteplicità di affermazioni che si vanno facendo al riguardo:

La rete, alla lunga,  implica apertura, è bene ricordarlo. E l’innovazione (quella vera) passa e passerà attraverso l’apertura, inutile opporsi. I cataloghi di learning object  chiusi e a pagamento, anche se di squisita fattura multimediale e sapiente progettazione didattica, non sono vera innovazione, almeno non più di quanto non lo siano state per l’evoluzione della mobilità umana le prime “carrozze a motore”, veicoli certamente legati molto più al passato che al futuro.

Bene, sono totalmente e assolutamente d’accordo!

Questo post di Antonio ha provocato su Facebook moltissime reazioni, un confronto a distanza molto vivace. Val sicuramente la pena di andare a leggerlo: http://www.facebook.com/antoniofini/posts/10150106438362265

Ma c’è ancora dell’altro che ha attirato la mia attenzione:

….mi chiedo sinceramente perché il denaro pubblico debba essere utilizzato per alimentare realtà private (grandi o piccole poco importa…) invece che essere impiegato per incentivare e supportare progetti di produzione di contenuti aperti all’interno del sistema scolastico stesso, ad esempio retribuendo direttamente (e in modo adeguato!) docenti disponibili alla redazione, alla verifica, alla revisione di contenuti aperti auto-prodotti.

Come tutti i docenti della scuola vado infatti riflettendo sulla dinamica della individuazione di docenti soprannumerari. E sulla successiva espulsione dal sistema scolastico. Io, questa faccenda, non la capisco. A meno che non si accetti per buona la filosofia e l’operato di giovani operatori della finanza appena usciti da qualche master più o meno prestigioso: più licenzi, più le azioni salgono, più grasso e ricco sarà il bonus di fine anno. NO, non lo capisco. La scuola NON è una società quotata in borsa. La fuoriuscita di personale docente non produce alcun bonus per nessuno. E allora? S’io fossi il grande imprenditore al governo saprei che le aziende sono basate sul prodotto.  Persino la Fiat, dopo anni di inseguimento dei mercati azionari, è ora ritornata a considerare se stessa in primo luogo come una fabbrica di automobili.  Per produrre ci vuole “know how”. Espellere persone “formate” e competenti mi sembra allora una sorta di pazzia distruttiva. La nota di Antonio mi rinforza quindi ulteriormente nella convinzione che una buona amministrazione della scuola potrebbe ormai prevedere l’utilizzazione di docenti in ruoli diversi da quelli della classica presenza in aula. La produzione di risorse “aperte” ( penso alle cosiddette OER) è solo una delle possibilità. La presenza della rete e delle tecnologie ci consentirebbe di offrire sia materiali che attività formative in modo esteso, poco costoso, fruibile da tutti, orientato alle competenze, perfettamente integrato col sistema del lifelong learning. In questo senso i docenti rimasti privi della classe non andrebbero più visti come privi di scopo, ma come risorsa preziosa da utilizzare per l’incremento e la diversificazione della produzione.

La copertina bianca

11 giugno 2010

Magnifica “prima pagina” per un evento tutt’altro che magnifico. Stile un pò pubblicitario per una campagna di resistenza sociale e ideale. Ma molto, molto “azzeccata” ed efficace.

Temo rimarrà una pagina “storica” .

Con un piede impigliato nella storia

Avevo ascoltato una intervista con l’autrice su Radio Tre, in primavera, ed ero rimasto molto favorevolmente impressionato: il tono della voce, il tema genitori-figli, ma questa volta intersecato con la Storia, per di piú una storia ancora eccessivamente condizionata dal giornalismo. Ho quindi cercato il libro, meravigliandomi della difficoltà nel reperirlo; forse ingenuamente ritenevo dovesse essere un best-seller. Invece ho dovuto ordinarlo.
Ne è valsa la pena, il libro certamente fa riflettere, ma allo stesso tempo è intimo, Anna Negri si rivela, e nel farlo ci trasporta in una dimensione interiore e insieme politica, culturale e, perchè no, antropologica. Siamo tutti uomini e donne diversi da quelli di quei tempi, quelli che eravamo nati e quelli nati piú recentemente. Per l’autrice un percorso di liberazione, per me (per noi) una lezione.

Spero non sia vero, temo che sia vero

Scrive Panebianco sul Corriere di oggi:

“Neppure per capire i guai della sinistra italiana, del Partito democratico, bastano le risposte generali. Anche qui bisogna tener conto delle specificità. La principale delle quali è che la sinistra italiana paga il conto, oltre che delle difficoltà che l’accomunano ai partiti socialisti europei, anche di un ventennio di rimozioni e trasformismi. La verità è che se Berlusconi non fosse esistito, se non fosse entrato in politica nel 1994, la sinistra italiana se lo sarebbe dovuto inventare. Da quindici anni Berlusconi, con la sua presenza, aiuta la sinistra a non fare i conti con se stessa, con il vuoto in cui è precipitata dopo il crollo del muro di Berlino.”

Google e Facebook parlano persiano

Leggo su Wired.com di inizitive volte a migliorare la comunicazione sul web in lingua persiana con l’esplicito intento di supportare lo sforzo dei blogger e degli attivisti che sostengono Moussavi. Mentre il regime teocratico chiude tutti i canali di comunicazione di cui é capace, Google aggiunge ai suoi tool un servizio di traduzione della lingua persiana,  in modo da dare l’opportunità  di accedere alle informazioni del “mondo esterno” e di fornire versioni automaticamente tradotte dei blog e dei siti persiani. Tra i primi ad usare il servizio il sito di Moussavi. Dal canto suo a Facebook, accortisi del crescente scambio di informazioni sulla questione delle elezioni in Iran, hanno deciso di rendere disponibile una versione di prova interamente in Persiano.

Trusted Computing?

Mi aspettavo una analisi mediatica, invece il nuovo libro di Anna Fici, “Leggere e Scrivere i Media” è per me una scoperta delle tematiche relative al “Trusted Computing“. Si tratta di una alleanza tra produttori hardware, software ed entertainment per la realizzazione di sistemi capaci di abbinare le interfacce user-friendly con la massima possibile sicurezza informatica. Le intenzioni sembrano buone, ma esistono fondati timori che le soluzioni in corso di adozione possano nascondere o comunque veicolare dell’altro: il controllo sui diritti d’autore dei brani audio-video presenti nei vari dispositivi, ad esempio, oppure limitare alcune libertà di azione degli utenti sul web. Personalmente mi mette molto in allarme la possibilità che possa essere facilitata la diffusione sul mercato di nuove forme di broadcasting, come se già non ci bastasssero tutti i grandifratelli proposti dalle varie emittenti . . .

Il testo indaga scientificamente sulle possibili conseguenze del trusted computing in ambito sociale e in ambito individuale e si interroga su quali potrebbero essere le modalità di rifiuto culturale dei relativi scenari di impiego.

Moretti: Io, Veltroni e il Caimano

Riporto – e pienamente condivido – questa efficace sintesi di Nanni Moretti:

“Non mi stanco di ricordare la pazzesca situazione italiana, anormale per una democrazia. Penso che le televisioni di Berlusconi non abbiano spostato solo voti, ma l’intero paese, comunque già pronto ad accogliere questa “novità“. E non facciamo confusione con Sarkozy, che non ha gli interessi economici e il potere mediatico di Berlusconi. Recentemente ho detto una cosa piccola e semplice: in Italia non c’è più opinione pubblica. Non parlo dell’opposizione, ma di qualcosa o qualcuno trasversale ai partiti, che comunque si riconosca in comuni valori democratici. E che, come succede in altri paesi, dovrebbe “punire” – mettiamoci le virgolette, per carità – un capo del governo che non ha senso dello Stato, che non va alle celebrazioni del 25 aprile, che aggredisce la magistratura, che ha come braccio destro un condannato per corruzione e come braccio sinistro un condannato per concorso in associazione mafiosa. E invece passano concetti come “agli italiani non interessa il conflitto di interessi, visto che hanno fatto vincere Berlusconi”. Sì, ma interessa alla democrazia… La maggioranza delle persone, e non solo a destra, ormai considera normale che un uomo abbia il monopolio della tv, faccia politica e sia anche capo del governo. La sua vittoria è questa: ormai la bassa qualità della democrazia italiana è considerata un fatto normale, marginale. Un paese che in quindici anni ha permesso a un uomo con tante tv e giornali e interessi economici di candidarsi cinque volte a capo del governo, non è un paese serio e non ha una classe politica seria….”.

Tratto da

Moretti, cinema e politica
“Io, Veltroni e il Caimano”

di PAOLO D’AGOSTINI

Il successo della destra? Ce lo spiega Serra!

Ho molto apprezzato il fondo di Michele Serra

Il mondo facile della politica format

di MICHELE SERRA 24-09-2008

Chiarissimo e lucidissimo: lettura consigliata per tutti!