Non basta non essere mafioso

Bah…devo dire la verità, a me tutta questa retorica celebrativa crea un terribile fastidio. Non voglio e non posso dire – non ne sono capace- se sia giusto o sbagliato ricordare Falcone e Borsellino in questo modo spettacolarmente televisivo. Quello che voglio esprimere è una mia personale e insignificante posizione. Il mio solo stato d’animo. Ebbene, in tutti questi anni sono stato capace di partecipare a manifestazioni antimafia pochissime volte: non sopporto, in queste occasioni, l’idea di condividere, di stare accanto ad altre persone della mia città. Chi, come me, vive da 60 anni a Palermo sa benissimo che il confine tra comportamenti virtuosi e comportamenti deplorevoli nella propria vita e nel proprio lavoro è di una esilità così minuscola, di una fragilità così evidente che mi spinge ad un pudore tale da farmi sembrare esibizionismo anche l’esposizione del simbolico lenzuolo al balcone. Si può essere veramente “antimafia” a Palermo? La domanda non deve sembrare strana: chi lavora in questa città non può fare a meno di entrare in contatto più o meno diretto con personaggi discutibili o con flussi di denaro di non certissima provenienza. Questo è vero per un professionista autonomo (dall’ingegnere all’idraulico e al medico…) così come per il funzionario o il dirigente di un ente pubblico. Non basta non essere mafioso o fiancheggiatore dei mafiosi: siamo immersi in un flusso economico del quale non è parte trascurabile il sommerso derivante dalle attività illecite. La nostra società, le nostre frequentazioni sono “drogate” da questo fenomeno. Può un imprenditore trascurarlo? Può farlo un politico? Certamente no. Ma non dobbiamo pensare necessariamente a cose grosse e costose: sappiamo che il panino che compriamo contribuisce a pagare un pizzo? Abbiamo mai fatto ricorso ad una conoscenza per una pratica lenta o per prenotare un servizio? La risposta è “si”, l’abbiamo fatto tutti. E allora il rischio e il sospetto, durante una manifestazione antimafia, di trovarmi accanto ad una intollerabile ipocrisia mi fa desistere dal parteciparvi. Come si esprime allora il tuo essere e il tuo impegno antimafia, mi si potrà domandare. La mia risposta è: col senso etico del mio lavoro e col mio voto. Con la personale condotta di vita. Altre possibilità non ne ho. Questa è la mia personale quotidiana testimonianza.

Disprezzo delle regole e delle persone – Repubblica Palermo

Apro stamattina l’edizione locale di Repubblica, il giornale che leggo abitualmente e al quale sono in qualche modo affezionato, e trovo che una mia foto di alcuni anni addietro è stata usata come corredo ad un articolo inserito nelle pagine culturali.rep piratata

 

La foto è senz’altro mia ed è recuperabile su Flickr all’indirizzo: https://flic.kr/p/3rgPv5

Come quasi tutte le mie foto su Flickr ( in genere faccio eccezione per foto con persone riconoscibili) è rilasciata in licenza Creative Commons del tipo “Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo stesso modo”, una licenza cioè che ne consente il riutilizzo per scopi non commerciali purché venga citata la fonte e il prodotto derivato sia rilasciato con medesima licenza.

Ora, ragioniamo a mente serena e domandiamoci: perché mai un giornale nazionale, uno dei più importanti, con una tiratura invidiabile e una struttura produttiva nella quale convergono molteplici prodotti a stampa e uno dei più grossi siti web dedicati all’informazione, perché un tale colosso si ritrova a rubacchiare una foto certamente non particolare, un soggetto sicuramente ri-fotografabile, una foto, insomma, di modesto valore complessivo? E poi: passi il fatto che l’utilizzo è commerciale, passi il fatto che il giornale non è rilasciato con la medesima licenza (e sono già due violazioni dei miei diritti di autore), perché, Repubblica Palermo , perché non riporti nemmeno in forma piccola e illeggibile il mio nome e l’indirizzo di provenienza della foto? Questa non è solamente la terza violazione dei diritti, questo è disprezzo delle regole operato da un giornale che tante volte si è schierato per la difesa della legalità! Disprezzo della norma, disprezzo delle persone. Perché?

 

La Palermo degli ultimi

Sono andato venerdì sera alla inaugurazione della mostra di Giacomo D’Aguanno e Francesco Faraci. Li conosco entrambi da tempo e conoscevo giá le loro foto e quindi in qualche modo mi sentivo “preparato” ad una sorta di gradevole deja-vu sui noti temi della palermitanitudine. Invece no, sin da subito la mostra mi spiazza con la sua giustapposizione, con l’affiancamento di bianconero e colore, con il mescolamento insieme manifesto e implicito delle immagini dei due autori e subito penso alla estrema rischiosità dell’operazione prevedendo di dover assistere ad una certa disastrosità espositiva. Ebbene, non mi vergogno a dirlo, mi stavo sbagliando clamorosamente: l’idea, mi è stato confermato dalla curatrice, è stata di Giacomo e Francesco i quali, pur non essendosi direttamente frequentati prima di questa occasione, riescono miracolosamente a mettere insieme i loro lavori, ad abbandonare quelle che nell’ambiente palermitano (credo non esclusivamente) sono le ben conosciute miserelle gelosie professionali di chi si ritrova ad operare nel medesimo ambiente e ad optare per quello che credo non possa altrimenti essere definito che un atto di amore per questa città, i suoi abitanti, i suoi irredimibili problemi.

L’esposizione è arricchita con un ben fatto catalogo (tra l’altro distribuito gratuitamente) corredato da significative presentazioni tra le quali spicca quella di Giosuè Calaciura che è riuscito a mio parere a centrare più degli altri il senso e l’importanza del lavoro in mostra e a meglio esprimerlo, restituendo per intero il senso della validità di una idea invero non nuovissima per questa città e tuttavia sempre valida e, grazie alla qualità complessiva, ancora opportuna.  Mi permetto di citarne una brevissima parte:

È ancora attraverso le fotografie che Palermo continua ad offrire qualche notizia di sé, si lascia leggere, in qualche caso decifrare, accetta una minima interpretazione di se stessa, a volte persino mettendosi in posa nella consapevolezza irridente del suo mistero. […] A Palermo, quasi un mandato, quello della fotografia.

Le Vie dei Tesori

Passeggiata domenicale, stamattina, l’intenzione è quella di andare a visitare Palazzo De Seta, è una vita intera che lo vedo chiuso, la curiosità è massima, occasione da non perdere. Coda micidiale! Si tratta di due ore circa, vabbé, forse non è il caso di aspettare, ci sono tante altre cose da vedere!

Ed in effetti è proprio così, la attuale edizione de “Le vie dei tesori”, conferma che si tratta di una iniziativa di grandissimo successo, i palermitani partecipano numerosissimi e anche i turisti non mancano. La nostra scelta (alternativa) è caduta sulla Cripta della Chiesa dei Cocchieri e sulla mostra “Le Stanze del Genio”. Dappertutto gente contenta e soddisfatta, personale, soprattutto ragazzi e ragazze gentili e disponibili, tutto bene, unico disappunto “ma perché queste cose non possiamo farle tutto l’anno?” Immagino che i motivi logistici ed economici possano essere lungamente elencati tuttavia mi pare di capire che uno dei motivi del successo sta proprio nella transitorietà e nella fuggevolezza, sono occasioni da prendere al volo e se, come oggi, la giornata è bella, allora la città diventa godibile. Addirittura ci si può persino spingere a pensare che qualche motivo per viverci, intendo in questa città, ebbene qualche motivo riusciamo persino a trovarlo!

Genitori e figli al tempo dei video hard

Sul suo blog Muraglia scrive Genitori e figli al tempo dei video hard, attenta riflessione sul recente accadimento a Palermo che ha generato una escalation di pubblicazione su tutti i giornali locali e su molti di quelli nazionali, compreso alcuni giornali “tecnici” del mondo della scuola.

Concordo e rilancio quanto detto. Come osservatore delle implicazioni e conseguenze dell’uso delle tecnologie e dei media vorrei solo aggiungere una considerazione. Comportamenti come quelli descritti non sono (o semmai solo in minima parte) da imputare alla disponibilità di smartphone e connettività. Molto più determinante mi sembra la diffusione (vedi anche MTV) di “reality” nei quali comportamenti altrimenti visibili solo nei porno professionali vengono invece tranquillamente diffusi persino in orari “non protetti”. Se pensiamo al relativo potenziale di imitazione non possiamo che deprecare.

Sostanzialmente si tratta ancora una volta di quanto correttamente descritto da Galimberti: il “mercato”, assai lontano dall’essere questo ideale mediatore delle dinamiche sociali, si sostituisce al bisogno degli individui, surrogando negli adolescenti la ricerca del “sè” e imponendo loro di fatto modelli di vita e di consumo che non esitano a degenerare in comportamenti sin’ora considerati quanto meno sconvenienti.

Geografie e Storie di Transizioni

Ho visitato a Palermo, Palazzo Ziino, la mostra “Geografie e Storie di Transizioni” e sono rimasto assai favorevolmente colpito e impressionato. Si tratta, per la verità, della seconda “tranche”, la prima essendosi chiusa alcuni giorni fa non son riuscito a vederla; ne cercherò il catalogo direttamente presso la Galleria X3 che cura l’evento.

Si tratta di una selezione di opere di diversi autori sul tema delle trasformazioni avvenute negli ultimi venti anni in campi diversi, dall’ambiente alla società, alla cultura. all’arte. Rimando ai diversi siti che hanno recensito la mostra quanti volessero leggere la presentazione ufficiale e mi concentro qui su alcune considerazioni squisitamente personali.

Le foto di Salvo VenezianoIntanto devo ammettere che, credo proprio per la prima volta, mi sono piaciute le immagini, nella sezione “Ambiente”, di Salvo Veneziano scattate con le macchinette di plastica (qui di lato giusto un appunto visivo da iPad). Non è che non mi piacessero i suoi lavori, è che mi era sin qui sembrato pretestuoso l’uso di apparecchi palesemente difettosi e con pellicola scaduta: in questa immagini invece il senso e il significato sono forti e chiari. Nella stessa sezione belle anche le immagini di Sandro Scalia dedicate all’accostamento architettonico vegetazione verde-cemento armato. Leggi tutto “Geografie e Storie di Transizioni”

I Quattro Canti di Palermo

20120219-113447.jpgHo cominciato a leggere questo libro con una certa diffidenza: avevo sentito la presentazione in radio , con l’intervista allo stesso Di Piazza e vi avevo letto una certa retorica sulla città di Palermo e sulla vita che vi si svolge, avevo percepito una notevole quantità di “mestiere” che doveva essersi riversato nella scrittura, nella presentazione, nella distribuzione. Peró quando, nel pomeriggio dello stesso giorno, me lo sono trovato davanti mentre, all’edicola, compravo biglietti dell’autobus, non ho potuto fare a meno di acquistarlo.
E ho fatto bene.
La lettura mi ha subito preso, scorre piacevole e facile senza mai essere banale. L’alternanza, poi, di scene di morte e di scene di amore è molto efficace nel destare interesse. Ma c’è stato per me un elemento in piû, personale, anzi un doppio elemento di incremento del coinvolgimento: l’essere nato, cresciuto e vissuto a Palermo, l’essere coetano e appartenente al medesimo insieme socioculturale dell’autore. Pur non avendolo mai direttamente conosciuto, “lo conosco” come si conoscono molte persone dello stesso nostro ambiente, in modo indiretto, ma non piû che con “un grado di separazione”, per usare il linguaggio della rete. Dunque vi ho ritrovato il periodo dei miei venti anni, rivivendolo dal punto di vista di un protagonista differente. Dunque durante la lettura si accavallavano ed interagivano in me scene in “soggettiva” e in “oggettiva” con un effetto, confesso, di un certo turbamento.
Per questo non mi sento di giudicare il libro, almeno non secondo i parametri classici previsti per un’opera di narrativa. Piuttosto vorei fare qualche breve considerazione su quel periodo storico, terribile e interessante al tempo stesso.
Erano anni nei quali da casa mia, posta in un punto nevralgico del traffico cittadino, non si smetteva mai di sentire il suono di qualche sirena: o erano le ambulanze verso due degli ospedali più grandi della città o erano le scorte armate di magistrati e politici (il massimo raggiuntosi dopo le stragi di Falcone e Borsellino). Ed erano anche gli anni nei quali la mia generazione si era impegnata a trovare un lavoro, era agli inizi delle sua vita professionale. Per me e per tanti altri furono gli anni delle cooperative, nelle quali si erano riversati tanti giovani più o meno intellettuali, più o meno provenienti dal cosiddetto “riflusso” del periodo politico. Era quindi un periodo di grande sforzo creativo rivolto per lo più ad inventare lavori che fossero in qualche modo “alternativi” al classico “sistema” che per tanto anni avevamo cercato in tutti i modi di combattere. Sto dicendo che gi anni 80 furono anche, per certi versi, gli anni di un bel decennio, la città era viva, con forze giovani sinceramente al lavoro. Annì che mi hanno consentito di avvicinare e scoprire – con la cooperativa cui appartevo ci dedicavamo alla produzione di documentari e spettacoli di carattere antropologico e ambientale – temi e mondi altrimenti lontanissimi da me, persone e culture che hanno grandemente contribuito alla mia formazione personale.
Certo, nello stesso periodo tanti amici decidevano di distruggersi con l’eroina. E nel periodo successivo si assisteva al dilagare delle cooperative fittizie create all’unico scopo di farsi poi assumere dalla Regione Sicilia (quanti!)…
Sono temi che meriterebbero delle riflessioni molto più approfondite e documentate, ben al di là di un semplice “post” di un blog. Aggiungo solo una considerazione, rivolta essenzialmente ai non-palermitani: dai racconti di mafia, in generale dai racconti sulla vita in sicilia, sembra che tutti si debba vivere più o meno le stesse cose. Niente di più sbagliato! Non so se questo accada anche nelle altre città, ma qui è come se si vivesse in tante “enclave”, magari non rigidamente definite e confinate, ognuna di esse però costituendo un “mondo” con i suoi filtri e i suoi ammortizzatori. Esercitano una specie di confinamento “morbido” ma non per questo inefficace: se non si ha la curiosità di uscire dalla propria, di sperimentarne altre, ci si puó trovare a vivere vite totalmente diverse da quelle dei nostri omologhi e vicini.

Scoperte. Sgradevoli.

In questi giorni ho fatto delle scoperte: tutte sgradevoli.

Scoperta n.1
Da circa dieci giorni sono costretto a bazzicare ospedali e pronto soccorso, ma non è di sanità che voglio parlare, bensì della sintonizzazione dei televisori che ho visto in tutte le sale d’attesa e in tu tte le camere. Canale 5 stabile: biscione supestar! E guai a proporre un cambiamento…. Qualcosa dovrà pur significare.

Scoperta n.2
I recenti avvenimenti legati alla protesta dei “forconi” ha mostrato chiaramente come le tendenze “indipendentiste” dei siciliani nulla abbiano da invidiare alle grettezze leghiste: l’argomentazione “in sicilia raffiniamo il petrolio e qundi dobbiamo pagare di meno i carburanti” ha la stessa acutezza e raffinatezza de”i soldi delle tasse devono rimanere da chi le ha pagate”….

Scoperta n.3
I racconti delle atrocità commesse “tra vicini di casa” durante l’ultimo conflitto serbo-croato-bosniaco mi erano sembrati sino ad ora descrivere un fenomeno non ipotizzabile dalle nostre parti, ma i recenti avvenimenti di accaparramento vistisi ai distributori di benzina e ai supermercati alimentari mi costringe a ricredermi. Nel mio palazzo, abitato per lo più da gente benestante e di età media piuttosto elevata in ben tre occasioni nella stessa giornata ho sentito odore di benzina in ascensore! Segno evidente di un panico non soddisfabile facendo il pieno di tutte le auto di casa… E infatti in città i primi incendi non si sono fatti attendere. Mamma mia! E se davvero scoppiasse una guerra cosa faremmo? Andremmo subito all’assalto all’arma bianca del contenuto del frigorifero del vicino?

🙁

La salita a Monte Cuccio

Giornate meravigliose, di questa stagione, una vera goduria di cieli azzurri e verdi freschi e intensi della nuova vegetazione. La salita a Monte Cuccio fa parte di una delle possibili escursioni montanare e cittadine possibili a Palermo. Il tracciato e qualche foto:

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Arca dei Suoni – Aspetti e Innovazioni

Aspetti formativi e innovativi del progetto “Arca dei Suoni”

Lo scorso 2 marzo si è tenuta a Palermo, presso l’Albergo delle Povere, la presentazione del primo numero della pubblicazione “Quaderno di Arca dei Suoni”. E’ stato un momento interessante di incontro tra gli amministratori e il pubblico convenuto, soprattutto composto da studenti e da docenti provenienti dalle scuole che sono state coinvolte nella prima fase di vita e di sperimentazione del progetto.

Ho partecipato all’evento con una relazione che allego qui di seguito in forma di “slidecast” (le slide sincronizzate con l’audio “live” della presentazione)

Mi piace, in questa sede, cercare di sottolineare ulteriormente quanto indicato nella slide n. 12 . E’ infatti opportuno riflettere sul, e valorizzare fortemente, il valore didattico e formativo della iniziativa. Trattandosi di beni culturali l’aspetto formativo viene, in un certo senso, dato per scontato, ma con il progetto “Arca dei Suoni” si mettono in campo dinamiche potenzialmente assai interessanti, dinamiche a maggior grado di coinvolgimento di quanto possano fare eventi e momenti centrati sulla fruizione piuttosto che sulla creazione. Mi voglio esplicitamente riferire all’aspetto di scoperta e di manipolazione insiti e connaturati alle operazioni di registrazione e di pubblicazione di un contributo audio (per chi non lo sapesse: arcadeisuoni.org è un sito sul quale gli utenti possono direttamente pubblicare contributi sonori di carattere culturale). Gli studenti vengono in questo mobilitati su più livelli, da quelli tecnici della registrazione, a quelli espressivi del prodotto finito e infine a quelli critici degli eventuali feedback su quanto pubblicato. In questo processo accade un qualcosa di veramente importante e formativo: il racconto (per fare un esempio ma potrebbe essere un canto o qualcos’altro) che si va a registrare e pubblicare, in quanto effetto della propria ricerca e della successiva manipolazione, diventa un qualcosa di personale, qualcosa che fa parte della storia personale. In qualche modo, quanto documentato diventa parte del patrimonio personale di chi lo documenta: e questo è un modo non soltanto per imparare, ma per generare direttamente e immediatamente patrimonio culturale! Si valuti questa affermazione alla luce del discorso sulle competenze che da qualche tempo è diventato centrale nella scuola, discorso estremamente complesso, del quale fanno parte degli obiettivi particolarmente difficili da raggiungere in una situazione, quale quella scolastica, nella quale la vita reale viene approcciata, quando va bene, con le forme della simulazione. Arca dei Suoni ha le potenzialità per far superare questo gap tra la vita scolastica e le emergenze culturali del territorio e per di più con modalità di produzione mediatica che fanno parte della cultura giovanile e che non richiedono alcun investimento in tecnologia. Partecipare all’accrescimento dell’archivio sonoro di Arca dei Suoni è un generatore di competenze: come risultato mi sembra niente affatto disprezzabile.