Fingiamo

…viviamo spesso nella commedia della conoscenza. Sorvoliamo sulle cose, fingiamo sperando di sapere, ma in realtà non sappiamo. É una farsa che si inscena con se stessi, è la tragedia dell’insufficienza.

Da “Atlantide” di Carlo e Renzo Piano

Questa cosa mi ha sempre fatto pensare: il senso della insufficienza é proprio dell’essere umano, gli è congenito ed è generatore di molte ricerche e di molte credenze, non ultime quella di un dio.

Non di soli pupi….

copertina orlando allo specchioCosa distingue “un libro” da una novità editoriale? L’esuberante ansia affabulatoria di Cuticchio ha impedito venerdì scorso che il tema potesse essere messo a soggetto della serata, per altro splendidamente riuscita. Si, perché il libro di Giulia Lo Porto è cosa del tutto differente dai libri che sin qui si sono occupati di “Beni Culturali”. “Orlando allo specchio” non è documentazione. Non è interpretazione e rivisitazione. “Orlando allo specchio” spezza ogni legame col passato, col conformismo, con l’accademia, col folclore, con qualsiasi cosa sin qui scritta a proposito. L’autrice riesce in una operazione veramente magnifica perché ci fa vivere il senso più alto di un bene culturale. Leggendo il libro si tocca con mano, si vive in prima persona l’esperienza più nobile che possiamo ricavare dall’accostarci a tali beni: che la vita e la cultura sono un tutt’uno. Che ciò che siamo e proviamo sta tutto in relazione con l’ambiente culturale che siamo in grado di generare e che altri hanno generato anche prima di noi. Che c’è un legame tra il nostro essere, il nostro sentire, con la storia. Vivere, questa la lezione del libro, non esiste se non all’interno di un tale sistema. Personalmente ho la sensazione di trovarmi davanti alla nascita di un nuovo genere letterario e già mi dichiaro in attesa di nuovi volumi.

 

Kobane Calling

kobanecallingFinito di leggerlo stamattina, mi lascia con una emozionata sensibilità, nel leggerlo a tratti mi ha provocato delle sincere risate ma in altri mi sono veramente commosso. Bravo, Zerocalcare, credo che in questo suo lavoro abbia potuto esprimere il meglio di se stesso con un racconto che in realtà non è un racconto, sembra piuttosto il parlare di un amico che ti stia facendo le sue introspettive confidenze su una esperienza pericolosa e importante. Ho la sensazione che questo libro costituisca già un caso per l’editoria italiana sia perché rende evidente come il fumetto possa generare un vero e proprio linguaggio capace di veicolare concetti, pensieri ed emozioni molto al di là delle classificazione di “genere” (pensiero espresso dallo stesso autore in una recente intervista), sia per la freschezza, l’originalità, la sincerità dell’esperienza personale riportata. Che stia avendo gratificazioni sul piano commerciale mi può fare solamente piacere, significa che la qualità ha ancora senso per molti di noi. Cosa dire ancora? Kobane Calling è una sorta di documentario introspettivo a fumetti, è prezioso, la mia sensazione è che sia capace di parlare a diverse generazioni di lettori, diversi sia per fascia di età che per formazione culturale.

L’ultima caccia

Se qualcuno avesse voglia di vedere cosa ho letto questa estate, e ho fatto letture soddisfacenti, potrebbe andare a curiosare nella mia libreria su Anobii per vedere titoli e stelline assegnate. Recensioni in questo periodo non ne ho fatte, mi accingo qui a scrivere qualche rigo per l’ultima lettura: L’ultima caccia di Joe R. Lansdale. Ed in effetti non si tratta di recensione (anche per questo non la scrivo su Anobii) ma di qualche considerazione che la lettura mi ha sollecitato.

L'ultima caccia - Joe LansdaleLa cosa che mi ha colpito di più è stata la determinazione ad uccidere il cinghiale-mostro e la consuetudine dei personaggi, si tratta pur sempre di ragazzi, all’uso delle armi e alle strategie della caccia. Fossimo a scuola parleremmo di vere e proprie “competenze”. Mi colpisce non tanto in sé, non siamo in presenza qui di una sorta di “Moby Dick” in salsa western, quanto piuttosto al pensiero delle differenze culturali tra la mia generazione e la generazione degli attuali ventenni per i quali, credo, il senso ricavato dal libro sarebbe affatto differente dal mio. Personalmente ho un chiaro ricordo della diffusione – parlo della Sicilia – delle armi nelle campagne degli anni 60: i carrettieri portavano sempre con sé la “scopetta” ad uso difesa personale. Ma un fucile da caccia c’era in tutte le case e andare, di tanto in tanto, a sparare ad un coniglio era del tutto normale. Anche una certa dose di bracconaggio era del tutto normale . . . L’inseguimento e l’eccitazione personale e dei cani, per quanto per “prede” non lontanamente paragonabili al cinghiale del libro, non mi sono quindi estranee, anzi, credo costituiscano una parte importante della mia formazione “naturalistica” soprattutto per quanto riguarda la percezione della vita e della morte e dell’umano arbitrio nel dare la vita o nel dare la morte. Per i giovani attuali non andare a caccia è un imperativo morale, per la mia generazione, a partire da un verto punto, è stata una scelta. Già per questo motivo ho la sensazione che il romanzo, considerato di “formazione”, sugli attuali giovani non avrebbe questo effetto. Ma ci sono anche altre importanti differenze: il voler diventare rapidamente adulti, il formarsi un carattere indipendente e coraggioso, il bisogno di sfidare le autorità dei genitori non appartengono più, oggi, all’antropologia dell’adolescente e del giovane adulto. Con questo non voglio coniugare l’usuale, retorico, discorso “dei vecchi bei tempi”, sono certo che gli attuali giovani siano obbligati ad affrontare sfide altrettanto impegnative, o forse più impegnative se riflettiamo alla complessità dell’economia e del mondo del lavoro, semplicemente mi fermo ad osservare che le attuali sfide riguardano sempre più un mondo artificiale un mondo lontano dal contatto con le ruvidezze e le bellezze della natura.

Soluzione delle reti elettriche in continua

copertinacontitoloHo da pochissimo completato la stesura di un breve testo concepito per aiutare i miei alunni a comprendere e ad eseguire l’analisi delle reti elettriche in corrente continua. Il testo e un form di segnalazione di eventuali problemi o per inviare dei commenti è disponibile alla pagina http://www.columba.it/e-book-soluzione-delle-reti-elettriche-in-continua/ ed è scaricabile anche direttamente da qui: [sdm_download id=”2285″ fancy=”0″]

Il libro è in formato epub3 e contiene degli esercizi interattivi pertanto è idoneo alla lettura su iPad, tablet e smartphone che utilizzano questa tecnologia. In alternativa il libro è direttamente consultabile online qui  (consigliabile in tal caso il browser Chrome con l’estensione Readium ).

Una improvvisa illuminazione

Ho recentemente letto “Marha Quest” di Doris Lessing, libro che mi è molto piaciuto, ne consiglio senz’altro a tutti la lettura. Voglio qui annotare per me e condividere con tutti la presenza di un brano che descrive mirabilmente un vero e proprio fenomeno di illuminazione, per altro non cercato né perseguito, dalla giovane protagonista. Si tratta di una illuminazione innescata dal contatto diretto con la campagna e con la natura, piuttosto cruda nel suo svolgimento, profondamente essenziale. Al di là della maestria dell’autrice e dalla inusualità del fenomeno, mi ha fatto molto piacere ritrovare qualcosa nella quale profondamente credo, qualcosa che in me ha sempre provocato forti risonanze.
Qui di seguito il brano.

Leggi tutto “Una improvvisa illuminazione”

Tutto può cambiare

20131105-234045.jpgEro un po’ perplesso, questo è il primo libro di Tropper per me, pensavo più che altro ad un americanaccio giusto per passare il tempo, una lettura scorrevole senza pretese. E infatti è così: scorrevole e senza pretese eppure qualcosa- oserei dire finalmente- qualcosa di nuovo questo libro e il suo autore riescono a dirlo. Non è tanto della storia che si tratta. Nè, tanto meno, della prosa, giusto scorrevole e lineare. Piuttosto il personaggio, un giovane, ma non più tanto, uomo col suo portato di voglie scoperecce e di difficoltà a decidere, di affrontare i pur necessari cambiamenti della sua vita. Uno che non è nemmeno un poco di buono. Uno, però, che sembra in qualche modo affrontare il cambiamento “antropologico” del maschio contemporaneo: non eroe, non lavoratore, non modello virile nè nel bene nè nel male. Accogliente, invece, accudente, “materno” , si potrebbe dire, se non ci fosse il rischio di fraintendimenti. Insomma finalmente un maschio ed un uomo non più letterari e stereotipici, un uomo tenero e attivo.

Paesaggi rurali storici

20130301-233345.jpgUn testo prezioso per chi, come me, ama andare in giro e ama fare fotografie. La lettura del paesaggio diventa inevitabilmente connaturata.
Peccato per il corpus di immagini che non è alla’altezza dell’opera, si tratta spesso di foto puramente descrittive a volte perfino un po’ sciatte. Nonostante la mole ho trovato carente la sezione dedicata alla sicilia perché mancante dei paesaggi dell’ennese e del messinese, fondamental, i primi, per la coltura estensiva dei cereali, i secondi per la presenza delle faggete e delle tracce delle antiche transumanze.

I Quattro Canti di Palermo

20120219-113447.jpgHo cominciato a leggere questo libro con una certa diffidenza: avevo sentito la presentazione in radio , con l’intervista allo stesso Di Piazza e vi avevo letto una certa retorica sulla città di Palermo e sulla vita che vi si svolge, avevo percepito una notevole quantità di “mestiere” che doveva essersi riversato nella scrittura, nella presentazione, nella distribuzione. Peró quando, nel pomeriggio dello stesso giorno, me lo sono trovato davanti mentre, all’edicola, compravo biglietti dell’autobus, non ho potuto fare a meno di acquistarlo.
E ho fatto bene.
La lettura mi ha subito preso, scorre piacevole e facile senza mai essere banale. L’alternanza, poi, di scene di morte e di scene di amore è molto efficace nel destare interesse. Ma c’è stato per me un elemento in piû, personale, anzi un doppio elemento di incremento del coinvolgimento: l’essere nato, cresciuto e vissuto a Palermo, l’essere coetano e appartenente al medesimo insieme socioculturale dell’autore. Pur non avendolo mai direttamente conosciuto, “lo conosco” come si conoscono molte persone dello stesso nostro ambiente, in modo indiretto, ma non piû che con “un grado di separazione”, per usare il linguaggio della rete. Dunque vi ho ritrovato il periodo dei miei venti anni, rivivendolo dal punto di vista di un protagonista differente. Dunque durante la lettura si accavallavano ed interagivano in me scene in “soggettiva” e in “oggettiva” con un effetto, confesso, di un certo turbamento.
Per questo non mi sento di giudicare il libro, almeno non secondo i parametri classici previsti per un’opera di narrativa. Piuttosto vorei fare qualche breve considerazione su quel periodo storico, terribile e interessante al tempo stesso.
Erano anni nei quali da casa mia, posta in un punto nevralgico del traffico cittadino, non si smetteva mai di sentire il suono di qualche sirena: o erano le ambulanze verso due degli ospedali più grandi della città o erano le scorte armate di magistrati e politici (il massimo raggiuntosi dopo le stragi di Falcone e Borsellino). Ed erano anche gli anni nei quali la mia generazione si era impegnata a trovare un lavoro, era agli inizi delle sua vita professionale. Per me e per tanti altri furono gli anni delle cooperative, nelle quali si erano riversati tanti giovani più o meno intellettuali, più o meno provenienti dal cosiddetto “riflusso” del periodo politico. Era quindi un periodo di grande sforzo creativo rivolto per lo più ad inventare lavori che fossero in qualche modo “alternativi” al classico “sistema” che per tanto anni avevamo cercato in tutti i modi di combattere. Sto dicendo che gi anni 80 furono anche, per certi versi, gli anni di un bel decennio, la città era viva, con forze giovani sinceramente al lavoro. Annì che mi hanno consentito di avvicinare e scoprire – con la cooperativa cui appartevo ci dedicavamo alla produzione di documentari e spettacoli di carattere antropologico e ambientale – temi e mondi altrimenti lontanissimi da me, persone e culture che hanno grandemente contribuito alla mia formazione personale.
Certo, nello stesso periodo tanti amici decidevano di distruggersi con l’eroina. E nel periodo successivo si assisteva al dilagare delle cooperative fittizie create all’unico scopo di farsi poi assumere dalla Regione Sicilia (quanti!)…
Sono temi che meriterebbero delle riflessioni molto più approfondite e documentate, ben al di là di un semplice “post” di un blog. Aggiungo solo una considerazione, rivolta essenzialmente ai non-palermitani: dai racconti di mafia, in generale dai racconti sulla vita in sicilia, sembra che tutti si debba vivere più o meno le stesse cose. Niente di più sbagliato! Non so se questo accada anche nelle altre città, ma qui è come se si vivesse in tante “enclave”, magari non rigidamente definite e confinate, ognuna di esse però costituendo un “mondo” con i suoi filtri e i suoi ammortizzatori. Esercitano una specie di confinamento “morbido” ma non per questo inefficace: se non si ha la curiosità di uscire dalla propria, di sperimentarne altre, ci si puó trovare a vivere vite totalmente diverse da quelle dei nostri omologhi e vicini.

In principio c’era la parola?

More about In principio c'era la parola?Appena finito di leggerlo. Libro piccolo ma molto sostanzioso, soprattutto per chi, come me, non ha una formazione di tipo linguistico. Allo tempo perfettamente leggibile, comprensibile e molto godibile. Non è il caso che mi eserciti in questa sede nel tentativo di scriverne una recensione, in rete se ne trovano di molto migliori di quanto non potrei fare io, mi limito quindi a qualche riflessione, il libro ne sollecita parecchie.
Intanto si tratta di un tema e di un testo che volano molto “alti”! Mai in maniera pretenziosa, accademica o pomposa, tutt’altro. Se De Mauro riesce a renderla così chiaramente è solamente in virtù delle sue indiscusse doti di studioso e di pensatore. E in questo periodo di comunicazione di massa centrata sulle vicende da letto del premier ha costituito per me un vero balsamo rinfrescante. Il testo tratta dei rapporti tra il costituirsi delle lingue e delle identità sociali, in un processo mutuamente generante.
Davvero interessante la parte finale nella quale evidenzia come la Costituzione Italiana preveda la tutela delle minoranze linguistiche come strumento di garanzia delle molteplicità culturali e si occupi di prescrivere la messa in atto della rimozione di tutti gli ostacoli alla partecipazione delle medesime minoranze. Riporto due illuminanti citazioni:

Quello che mi interessa però sottolineare, e che in definitiva il nostro ordinamento ci aiuta a capire, è che nell’ordinamento stesso il nesso fra lingua e società è un nesso portante nella definizione e nell’indicazione dei principi di base, che trovano poi completamento nell’idea degli articoli centrali della Costituzione, sul carattere primariamente pubblico della funzione educante. È compito della Repubblica istituire scuole e università.

E ancora:

Bene, bisogna che alle discussioni che fanno il tessuto della vita democratica possano partecipare tutti, quale che sia la loro lingua materna, usando questa o apprendendo la lingua più diffusa, che è orami diventata davvero la lingua italiana, privilegio di pochi fino a cinquant’anni fa. E scuola ed educazione linguistica hanno una funzione centrale in ciò. Spendere in scuola e in educazione è un investimento per la democrazia.