Scuola, covid, giornalismo, minchioni

Vomito e disgusto. Non ne posso più di sentire menate sul fatto che la scuola, quella “vera”, debba essere la scuola “in presenza”. La scuola ove tradizionalmente il prof spiega e interroga, punisce e premia. Almeno alle superiori le cose stanno ben diversamente. Vorrei tanto che questi soloni che affollano le pagine stampate e le trasmissioni radiotelevisive passassero qualche mattinata in classe con me e le mie classi. Vorrei che vedessero la disperazione (intesa come mancanza di speranza) negli occhi di molti alunni oppure la insopprimibile noia negli occhi di molti altri. Vorrei non dover leggere antipatiche esercitazioni di retorica come quella di Dario Cresto-Dina sul giornale di oggi tra le quali si afferma che chiudere le scuole a marzo sia stata “l’ammissione di una resa”. Mah, sin qui io avevo pensato che si era trattato di una assunzione di responsabilità … E ancora le affermazioni che é a scuola che si forma la socialità, il pensiero, la coscienza, etc etc. Beh, per forza, se si vive a scuola tutta l’infanzia e tutta l’adolescenza per forza deve essere così. Senza considerare quelle “meravigliose” agenzie formative costituite dagli stadi , dai tronisti e dagli influencer sticchiosi e tatuati.

Ma… é venuto a nessuno il dubbio che tutta questa faccenda del Covid possa essere fortemente formativa? Quando mai é successo di partecipare alla elaborazione filosofica, psichica, morale, economica di un evento che coinvolge l’umanità e il pianeta per intero? Non son cose da nulla… Perché mai da tante parti ci si sta sforzando di mostrarla come perdita disastrosa piuttosto che come occasione di crescita? Se usate correttamente le crisi sono sempre state foriere di cambiamento positivo.

Ma forse non interessa, meglio non rischiare di cambiare qualcosa. D’altro canto: non viviamo nel miglior modo possibile?

Vomito e disgusto.

Olives for future

Capisco sempre meglio lo scetticismo di mio nonno: non riusciva proprio più ad interessarsi agli avvenimenti della cronaca e della politica né si poteva convincere che realmente stesse succedendo qualcosa. Pur commuovendosi profondamente per l’arte e per la storia tendeva sempre a guardare le faccende dei contemporanei con lente dissacrante al limite del disfattismo.

Questa consapevolezza accompagnava la mia riflessione, stamattina, mentre schiacciavo le olive appena raccolte dal mio albero: perchè oggi non sono andato alla manifestazione? Eppure la protezione dell’ambiente naturale, il cambiamento climatico sono le questioni che ritengo di gran lunga le più importanti, le questioni che dovrebbero essere messe al primo posto di qualsiasi agenda politica e in qualsiasi paese.

Nell’affrontarle una dose di scetticismo, non piccola, è d’obbligo: se pensiamo alla problematica in termini di ennesimo confronto tra natura e cultura il pessimismo diventerebbe micidiale. Continueremo a comportarci secondo natura, incrementando consumi e popolazione sino a quando l’ambiente stesso non ci fermerà. Disastrosamente. In questa ipotesi la stessa nostra cultura sarà strumento di squilibrio e distruzione.

Se invece riteniamo che la cultura globale sia molto migliore della somma delle culture dei singoli individui allora possiamo cullarci nella speranza di un nuovo umanesimo ambientalista che riuscirà a sconfiggere i mostri dell’economia e della finanza.

La faccenda è di una complessità soverchiante e nella mia personale posizione (età, mestiere, esperienze…) non ce la faccio proprio ad ascoltare i discorsi necessariamente semplificati che sentirei alla manifestazione. E poi nei cortei non riesco a non percepire una buona dose di esibizionismo. Divento asociale.

Poi però mi viene da pensare che quello che sto facendo è assolutamente in linea con lo spirito delle manifestazioni: trasformare in cibo un prodotto del giardino mi sembra più o meno il massimo del kilometro zero e della sostenibilità. Mi sento di stare facendo una cosa d’altri tempi..

… ma poi perchè altri?

Non sarebbe di questi tempi una iniziativa che vedrebbe ognuno di noi adottare un albero, un piccolo appezzamento di terreno, per curarlo, mantenerlo ed eventualmente raccoglierne i frutti? Se penso agli orti urbani mi par di capire che una fetta della popolazione già sia pronta. E allora penso anche agli agrumeti del Parco della Favorita, a Palermo, brillantemente sottratti ad una piccola mafia locale e colpevolmente lasciati nel più totale abbandono. Stiamo perdendo un verde storico che potremmo invece trasformare in manderineto urbano cui certamente molti di noi si dedicherebbero senza fini di lucro. E facendo un gran bel lavoro a favore dell’ambiente.

E allora mi viene da pensare che forse non tutto è perduto ma che tutto comunque vada cambiato, compreso il modo stesso di fare comunicazione e di impegnarsi nella azione. In questo senso mi sembra fantasticamente efficace l’opera di Klaus Littmann: The Unending Attraction of Nature.

Si, mi sa che da Greta e dagli alberi dobbiamo ricominciare…

Fingiamo

…viviamo spesso nella commedia della conoscenza. Sorvoliamo sulle cose, fingiamo sperando di sapere, ma in realtà non sappiamo. É una farsa che si inscena con se stessi, è la tragedia dell’insufficienza.

Da “Atlantide” di Carlo e Renzo Piano

Questa cosa mi ha sempre fatto pensare: il senso della insufficienza é proprio dell’essere umano, gli è congenito ed è generatore di molte ricerche e di molte credenze, non ultime quella di un dio.

Lettera aperta ad Ezio Mauro

Caro Ezio, perdonami la confidenza ma quanto tu oggi scrivi (Dove porta quel pullman https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2019/03/21/news/dove_porta_quel_pullman-222193474/ ) mi è così vicino che vorrei veramente abbracciarti. Vorrei che tutti lo leggessero. Ma perché questo possa accadere bisognerebbe riscriverlo! No, non sto facendo una critica, assolutamente no. Piuttosto mi piacerebbe che potessero leggerlo e capirlo anche i miei alunni, che non sono né stupidi né bambini: sono studenti di un uno istituto tecnico industriale. Li vedo ogni giorno da 28 anni, so che non sarebbero in grado di farlo. Ma non sono lettori di Repubblica! Potresti obiettare… Vero, ma sono sicuro che anche tra questi lettori molti avranno avuto qualche difficoltà di interpretazione. Hai ragionissima quando affermi Serve uno sforzo cognitivo! Oggi a scuola ci sforziamo proprio in questa direzione: arricchire la vita dei nostri studenti con qualcosa che consenta loro di superare i limiti dell’istintivo e del comportamentista. La maggior parte di loro vuole, in buona fede, essere puramente addestrato a far qualcosa, come se la vita professionale potesse limitarsi a sapere quali sono i bottoni da pigiare (o da cliccare). Ci sforziamo di convincerli che capire è necessario e anche possibile. Per questo ti esorto a riscrivere il tuo magnifico articolo in un linguaggio che richieda una padronanza della lingua italiana a livello un pochino più elementare. Anche a costo di perdere qualche sfumatura e qualche raffinatezza. Sono sicuro che ne guadagneremmo tutti per una maggiore consapevolezza collettiva.

Pagine oscure

Per chi, come me, ha attraversato le pagine della storia repubblicana lordate dalle azioni dei “servizi deviati”, dalle stragi bombarole, dall’infiltrazione del terrorismo brigatista da parte di componenti di dubbia provenienza, dalla esistenza di strutture segrete come Gladio, dal successo di logge segrete che fanno fortuna sulla teorizzazione della presa del potere, dal sospetto di collusioni stato-mafia, la pagina di oggi sembra appartenere ai lati più oscuri della nostra storia. Nel giorno in cui M5S avrebbe dovuto dimostrare di sapere onorare al massimo livello la promessa elettorale di non proteggere alcun parlamentare dai procedimenti processuali, i suoi parlamentari, la maggioranza del parlamento, fa vincere il “no” di salvaguardia per Salvini. Nello stesso giorno un pazzo senegalese prontamente dichiarato terrorista minaccia e tenta di uccidere la scolaresca dell’autobus che stava conducendo. Che fortuna una notizia simile per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica: apertura dei TG completamente tramutata. Bravi, bravissimi (fin troppo?) i carabinieri che sono intervenuti con una prontezza degna delle migliori task force internazionali. Per carità, mi fa orrore pensare che possa esserci una correlazione o addirittura un coordinamento tra tutti questi eventi! Ma non riesco a far tacere tutti i campanelli di allarme che mi risuonano nella testa…

Ignoranza, frustrazione, salvinismo

L’idea che mi ha portato a questo titolo è presto sintetizzata così: il salvinismo, ovvero questo consenso apparentemente inspiegabile verso una persona di questo tipo, deriva dalla incapacità di gestire la frustrazione derivante dalla consapevolezza della nostra personale ignoranza. Spiego come mi sia venuta questa idea.

Stamattina, come sempre faccio quando ne ho la possibilità, leggo il giornale e mi imbatto nell’articolo di Maurizio Ferraris dal titolo “Il giorno che siamo diventati alienati e contenti” nel quale si cerca di superare l’inadeguatezza delle classiche entità economiche dell’analisi marxista con concetti più adeguati a ragionare del lavoro e dell’economia nell’epoca della trasformazione digitale (perdonate la brevità). Apprezzo l’articolo anche se capisco che riesco ad apprezzarlo solo parzialmente a causa delle mie ignoranze sia riguardo il pensiero marxista che le attuali dinamiche del lavoro e dell’economia.

Rimango con la curiosità di sapere qualcosa di più sull’autore, a cominciare dalla faccia che ha. Cerco quindi su YouTube qualche intervento (a latere: da quando fruisco di YouTube sul televisore ne apprezzo molto di più i contenuti…) trovando tanti interventi e ne avvio uno del Festival della Comunicazione. É recente e quindi il tema trattato ha molti punti in comune con quelli dell’articolo. Mi bastano i primi 18 minuti per capire che, per capire veramente, dovrei sapere un sacco di cose che non so. Vengo a sapere del significato della parola “taglia”, che la moneta ha un valore documentale, che questo tipo di processo risale addirittura al neolitico, insomma un sacco di cose che mi procurano più domande che risposte, che mi suscitano ancora più curiosità di quante nel soddisfino.

E qua spunta una certa frustrazione! Come fare a sapere tutte le cose che non so? So bene, per esperienza di tanti anni di esposizione al web, che non ci riuscirò, che andando avanti scoprirò ancora più cose da sapere e da capire. Faccio insomma esperienza della complessità. Faccio esperienza dei miei limiti.

E qua di fila subito due intuizioni: la prima è che non è vero che non esiste più la sinistra! Solo che non si identifica più con l’aderire al pensiero marxista prima e genericamente progressista dopo. Possiamo oggi piuttosto pensarla come costituita da quelle persone e quell’atteggiamento filosofico che accettano l’idea della complessità e che cercano di capirla e di descriverla.

La seconda è che se personalmente non riusciamo a trovare un senso allo sperdimento cognitivo, se la gestione della frustrazione ci fa venire l’ansia, se quest’ansia ci fa stare troppo male, allora siamo fortemente tentati dalla semplificazione eccessiva, dalla banalizzazione salviniana. Ricordiamoci che tra i motivi del successo del fascismo c’è l’esplicita dichiarazione di farla finita con le riflessioni e le teorizzazioni e piuttosto di preferire in modo acritico e incondizionato l’azione.

Dunque per uscire dall’impasse politica in cui versiamo non basta leggere più libri (ogni riferimento a Baricco è assolutamente voluto): bisogna andare di più dallo psicologo!

Colpevoli approssimazioni

Approssimare spesso è indispensabile per riuscire a descrivere fenomeni e sistemi complessi e l’uso dell’approssimazione fa parte delle pratiche di tutte le scienze pure e applicate. Ovviamente deve essere accettabile cioè non deve invalidare il ragionamento o il calcolo che stiamo eseguendo. Mi spiace quindi rilevare un esempio inaccettabile nel brano che segue:


Quando si fa una affermazione di questo tipo si confonde, anzi si identifica, il web con i social e si caratterizza l’intero web come ambiente nel quale il confronto e il dibattito siano impossibili. Si liquida in modo massimalista una delle più brillanti e utili invenzioni nella storia dell’umanità.

Accettabile?

Parlamentare ultràs? Non è divertente.

Mi è molto dispiaciuto sentire stamattina alcune affermazioni di Antonio Polito su “Prima Pagina” di Radio3. Mettendo giustamente l’accento sulla prima volta di un parlamentare proveniente dalle tifoserie e tracciandone brevemente alcune significative note biografiche per lo più improntate ad una certa pierineria, Polito conclude che si tratta di un parlamentare da seguire perchè chissà quante ne combinerà, intendendo con questo riferirsi ad iniziative e interventi irrituali e kitch. Polito utilizza una certa ironia e un certo sarcasmo che, a mio parere, non lo salvano da un giudizio di inopportunità della affermazione. Avrei capito se si trattasse di un cabarettista ma di un parlamentare si parla in modo diverso e da un parlamentare, qualsiasi sia la sua provenienza, ci si deve aspettare un comportamento corretto e sempre improntato allo spirito critico, al servizio della comunità, alla collaborazione.

Quanto detto fa parte di una serie di riflessioni che mi trovo spesso a fare sul ruolo della stampa e dell’informazione tutta e sul peso che certe modalità giornalistiche hanno sulla formazione dell’opinione pubblica e sulla cultura di un intero paese. Le modalità con le quali Polito si è espresso, infatti, rischiano inevitabilmente di legittimare atteggiamenti e comportamenti che saranno certamente di danno allo svolgimento delle attività parlamentari. Al più saranno buone per consentire la realizzazione di qualche servizio “di colore” il cui effetto sarà probabilmente ulteriormente diseducativo.

Certamente non può sfuggire ad un giornalista della levatura di Polito che il sarcasmo e l’ironia richiedono capacità di interpretazione che appartengono a determinate culture e non ad altre: certamente gli ormai numerosi lavoratori stranieri (non necessariamente extracomunitari) non riescono ad apprezzare, se non quei pochissimi che ormai parlano l’italiano come lingua madre,  le sfumature linguistiche adottate a proposito delle attese boutade di uno arrivato in parlamento grazie alla popolarità raggiunta con i comportamenti da curva sud. Ma anche tra quanti si sono formati nel ventennio berlusconiano troveremo molti privi degli strumenti culturali necessari e, purtroppo, pronti ad accogliere le annunciate intemperanze come qualcosa di divertente.

E’ questo che vogliamo?

 

 

Cambio pelle (e che sono… un serpente?)

Come dice Sam Shepard, l’avanzare dell’età ci dà la possibilità di fare quei cambiamenti che magari non siamo riusciti a compiere nel corso di tutta la precedente esistenza, di compiere qualche passo in una direzione diversa e nuova (vedi). Di essere un personaggio diverso, dice lui, da attore. Ma in qualche modo tutti quanti nella vita “recitiamo” , eventualmente a nostro personale uso e consumo. Capita a puntino perchè da qualche tempo ormai mi trovo a voler “cambiare pelle”: io sono sempre io, intendiamoci, ma da questo momento vorrei presentarmi in un modo diverso, un modo che sia meno stereotipato e più aderente a quella che (adesso) sento essere la mia intima natura. Basta, cambio pelle! Come? Voglio mettere in secondo piano alcune abitudini e interessi legati alle tecnologie informatiche, ai media, alle tecnologie didattiche, ai sistemi di rete e mettere invece in primo piano i miei interessi nel settore della fotografia artistica (passatemi la definizione anche se mi sta un po’ stretta). Voglio quindi farmi conoscere non più per quello che so fare e che so insegnare a fare ma piuttosto per quello che riesco ad esprimere in termini di bellezza ed emozione. In pratica: mettere in evidenza i miei lavori fotografici creando una certa continuità nei tempi di pubblicazione dei materiali; cercare contatti con altri fotografi e con curatori e galleristi; mettere in mostra alcune serie; creare, se possibile, degli “oggetti vendibili” (piccole pubblicazioni, stampe); partecipare a qualche concorso. Lo scopo? Bah…fondamentalmente: vivere! Facendo cose belle e interessanti.

Invito tutti a visitare il nuovo sito che ho creato a questo scopo e possibilmente a lasciare una valutazione dell’esperienza d’uso alla pagina: carlocolumbaphotography.cloud/il-tuo-parere-sul-sito/

Sin d’ora: grazie!

Si arriva a un punto…

… della vita nel quale diventa relativamente facile riconoscere nelle biografie altrui dei percorsi che avrebbero potuto essere i nostri. Non senza qualche rimpianto leggo un intervista con Tony Bynum, fotografo ambientalista basato nel Montana, apprendendo del suo lavoro fotografico così strettamente intrecciato con le campagne ambientaliste e l’amore per “l’outdoor” e la natura incontaminata. E notando come un periodo della mia vita sia stato piuttosto simile (ero ancora studente universitario o appena laureato). Avrei molto volentieri fatto il fotografo per “Airone” (prima maniera però, taglio esclusivamente naturalistico), per un periodo è stato il mio sogno ma, forse perché non mi sono dato mai i “permessi giusti”, forse perché mi sembrava un qualcosa al di fuori della mia portata, non l’ho mai inseguito questo sogno, ho dato la priorità a stare coi piedi per terra. Vabbè… ho vissuto lo stesso, non mi pento di niente…ma qualche pensierino in questi casi fa capolino.