Il suono della rete

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È una installazione di arte contemporanea allo Science Museum di Londra, interessante per la suggestione visiva e sonora: messaggi captati dalla rete vengono organizzati in un display che li organizza e moltiplica, una voce a più toni i legge con effetto sonoro tridimensionale. Suggestione ,evocazione, studenti che assistono.
Alla mia seconda visita al museo non sono ancora riuscito nemmeno a “dare un’occhiata” a tutte le sale, l’abbondanza di sollecitazione rischia di trasformarsi in frustrazione per non essere capaci di leggere, guardare, sperimentare, cercar di capire quanto si va trovando di interessante. Davvero troppo, conviene concentrarsi solo su un tema per volta, magari tornando più volte, l’ingresso è gratuito.
20121018-190920.jpgSe posso dare un contributo alle scelte per la visita, io consiglierei in questo periodo senza dubbio la temporanea “Code Breaker“, centrata sui lavori di Alan Turing per continuare poi al livello superiore col padiglione dedicato alla storia della matematica e alla storia dei calcolatori.

20121018-191236.jpgPer proseguire poi, ma più giocosamente, sul tema, con una visita al ChromeLab di Google per parecipare a sessioni collaborative presenza-web per la creazione di musiche o per sperimentare la creazione del proprio ritratto sulla sabbia.

Wireless anywhere, anyhow, anytime, for anybody

È questo il motto – certamente impegnativo – degli Ixem Lab del Politecnico di Torino che muove la sua ricerca sia nelle direzioni classicamente accademiche, sia nella direzione “sociale” dei metodi, sistemi e tecnologie utili alla riduzione del “divide” di gruppi e località non servite da connettività ad Internet.
Uno sguardo a sito [ http://www.ixem.polito.it ] è molto interessante sia per gli aspetti tecnologici che per l’originalità e validità dei progetti intrapresi. A tutti gli appassionati e studiosi di tecnologie wireless consiglio di andare a leggere la documentazione del progetto “Verrua senza fili” che ha consentito di portare la connettività internet in un paesino piemontese rimastone escluso dalle logiche di mercato di stampo aziendale. Il progetto ha avuto un tale successo da consentirne adesso il rilancio in termini di Verrua domotica 2011. Altri interssanti progetti riguardano la connettività internet di popolazioni nella foresta amazzonica.

La Reclame di

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Finalmente qualcosa di molto efficace nel campo della riflessione sui linguaggi dei media! In una serie di clip – tra l’altro molto ben realizzati e molto interessanti da guardare – vengono esplicitamente messi in luce alcuni dei punti di forza dei messaggi pubblicitari in video. Si tratta per lo più dei messaggi subliminali e comunque di quegli accorgimenti del linguaggio pubblicitario che parlano a parti del corpo diverse dalla nostra testa! Ad esempio la serie “Reclame” da cui è tratto il video qui di seguito, mostra l’uso sessista che la pubblicità fa del corpo della donna.

Credo proprio che l’iniziativa possa essere molto utile anche a scuola per mostrare ai ragazzi come il linguaggio audivisivo possa facilmente essere adoperato a fini manipolativi.

La Réclame – Indossa l’essenziale from nonchiedercilaparola on Vimeo.

di C. Sivieri Tagliabue
editing M.-C. Dumont
hanno collaborato M. Fragnito, M. Fiocchi, M.T. Melodia, A.M. Aloe

Si ringrazia Concita De Gregorio, Ico Gasparri, Ass.ne Pari o Dispare

Planeta viral marketing

Citando da wikipedia ( http://it.wikipedia.org/wiki/Marketing_virale)

Il principio del viral marketing si basa sull’originalità di un’idea: qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce a espandersi molto velocemente in una data popolazione. Come un virus, l’idea che può rivelarsi interessante per un utente, viene passata da questo ad altri contatti, da questi ad altri e così via. In questo modo si espande rapidamente, tramite il principio del “passaparola”, la conoscenza dell’idea.

Devo ammettere che l’idea mi faceva un pò d’antipatia, già la sola idea di marketing me ne fa, il fatto poi che si sfruttasse una caratteristica della rete per ottenerne un effetto classico delle comunicazioni pre-internet, aggravava decisamente la pesantezza del mio giudizio.

Ma qualcosa mi ha fato cambiare idea, una foto, precisamente questa:

Una reflex dentro un contenitore da frigo con l'obiettivo che sporge da un foro praticato su di un lato.

Una reflex digitale in un contenitore da frigo!

Geniale direi, da sola mi ha fatto apprezzare il lavoro di  Mosaicoon, agenzia realizzatrice del nuovo sito web della nota casa vinicola siciliana Planeta.  La camera, adeguatamente – come si vede nella foto – riparata dalla umidità e dalla pioggia, è quella che riprende, a regolari intervalli di tempo, l’immagine che fa da sfondo temporaneo alla home del sito Planeta. Una idea interessante, mutuata dalla logica delle webcam, ma con la qualità di immagine di una buona fotografia. La scena ripresa è sempre la stessa: una panoramica dei vigneti che include un tratto del lago Arancio. Ma l’orario e le condizioni climatiche la rendono sempre diversa.

Decisamente un buon lavoro!

My PLN (Personal Learning Network)

Una rappresentazione abbastanza accurata ed immediatamente ottenibile della propria rete di apprendimento personale è fornita da TwitterMosaic.

Ecco la mia:

Get your twitter mosaic here.

 

Studenti antigelmini ed uso dei media

Si annuncia per domani la manifestazione finale dell’attuale movimento studentesco contro la riforma Gelmini. Mi viene voglia di cominciare qualche riflessione, spero che i miei studenti vogliano partecipare e dare il loro contributo.

Ho fatto un giro in rete per cercare di capire, relativamente al caso della mia città:

  • la provenienza delle notizie riguardo la protesta
  • l’uso della rete da parte degli studenti.

Si tratta di una piccolissima indagine senza alcuna pretesa di completezza e scientificità, ovviamente, l’ho fatto giusto per farmi un’idea della situazione.

Fondamentalmente ho cercato su Facebook a partire da “studenti medi palermo” (c’è un coordinamento omonimo) e su Google inserendo come criterio di ricerca le parole studenti, palermo, gelmini.

Cosa ne ho tratto:

  • come strumento di comunicazione la rete è stata usata pochissimo almeno relativamente alle esigenze di: coordinamento, diffusione dell’informazione, analisi critica dei documenti, dibattito
  • a livello di diffusione della protesta il maggior peso lo hanno decisamente mezzi tradizionali di tipo broadcast, giornali in testa. Parecchio viene anche dai blog, ma raramente da blog gestiti direttamente dagli studenti.

Nel complesso la sensazione è quella di una diffusa cultura di tipo televisivo (ahimè), capace di generare eventi-spettacolo  facilmente veicolabili dai media tradizionali ma ancora impacciata e confusa in quanto ad uso autonomo dei media sia per la comunicazione che la produzione di informazione.

Mi piacerebbe essere smentito e comunque potere approfondire l’argomento.

Google Earth Meditation

L’idea è di un carissimo amico che mi ha raccontato cosa gli capita quando lavora con google earth e pensa alle sue arrabbiature quotidiane . . . La rigiro perchè continua a piacevomente frullarmi nella testa.

Ricetta

  • pensa a tutti motivi che ti fanno arrabbiare moltissimo
  • per qualche momento senti crescere dentro di te questa rabbia, aiutala a crescere
  • adesso apri google earth e visualizza la tua regione
  • ingrandisci quanto basta e con lo strumento “poligono” evidenzia l’area dei tuoi normali spostamenti quotidiani
  • localizza e concentra le arrabbiature dentro l’area tracciata
  • adesso fai zoom indietro sino ad inquadrare la tua regione di residenza
  • fai ancora zoom indietro sino ad inquadrare l’intera italia
  • individua di nuovo l’area colorata: quanto piccole sono diventate le tue arrabbiature?

Questa la successione delle immagini nel mio caso:

Normalmente lavoro e mi sposto quotidianamente in quest’area . .

A livello dell’intera regione si riesce ancora a disnguere una macchiolina rossa

A questa scala non si dingue più!

Bello! Vero?

xWeb

Liberamente tradotto da xWeb di George Siemens

Dare un nome alle cose è importante. E’ più facile dire “web 2.0” piuttosto che “web partecipativo, con contenuto distribuito, guidato dalla conversazione”. Sfortunatamente, i nomi modellano i concetti a volte in maniera imprecisa. E, una volta creato il nome, uomini di market, consulenti, opinionisti si lanciano “nella monetizzazione delle potenzialità sinergiche del web 2.0 [o di qualsiasi altra cosa]”. Proprio oggi mi sono imbattuto su Twitter in un post relativo al “crowdsourcing the longtail of training content”. ugh. Talvolta le parole, anzichè di aiuto, sono dannose.

Ancora, dare un nome alle cose può anche essere di aiuto nell’evidenziare un punto di svolta. O ppure un buon nome può focalizzare l’attenzione ai cambiamenti dando loro una forma definita che può essere adoperata per la previsione di trend significativi. Web 2.0 fu uno di quei punti di svolta. Un altro punto di svolta è costituito dall’articolo elearning 2.0 di Stephen Downes.

Siamo adesso in un periodo nel quale i progressi tecnologici stanno generando qualcosa di più definitivo di una collezione casuale di innovazioni quali FourSquare, il semantic web e la “augmented reality.

La settimana scorsa Steve Wheeler, con la sua presentazione sul web 3.0,  ha lanciato un dibattito. Downes ha subito replicato suggerendo che Web X ( nel senso di eXtended) sarebbe stato un buon titolo. Un buon nome, peccato somigli troppo a web ex – il fornitore di conferenze on line. Abbiamo bisogno di un altro termine. Io sto pensando a “xWeb” e non credo di essere il solo: si veda l’articolo di Rita Kopp proprio sull’argomento dello “extended Web”. Analogamente a quanto successo per lo sviliuppo dei termini PLE, connettivismo, elearning 2.0 e anche web 2.0, “xWeb” non rappresenta un qualcosa di totalmente nuovo. Piuttosto da forma ad un argomento che molte persone si stanno sforzando di definire.

Cosa è xWeb?

xWeb è l’utilizzazione di dati intelligenti e strutturati tratti dalle nostre interazioni e identità fisiche e virtuali in  modo da estendere la nostra capacità di essere conosciuti da altre persone e da altri sistemi.

Come definizione è abbastanza imprecisa, ma si tratta solo di un punto di partenza. Dal momento che xWeb nasce dal web e dal web 2.0, gli elementi coinvolti sono assai numerosi. Ciò che è unico nel xWeb è il modo nel quale è capace di trasformare come lavoriamo, come impariamo, come interagiamo con gli altri e con l’informazione. Ad un certo livello si tratta della maturazione del web come già lo conosciamo – una estensione naturale degli attuali trend di sviluppo della tecnologia e di internet. Ma, ad un differente livello, coinvolge una negoziazione tra due questioni chiave sulle quali continuo sempre a riflettere:

  1. Cosa la tecnologia fa meglio delle persone?
  2. Cosa le persone fanno meglio della tecnologia?

Con xWeb noi stiamo ripensando cosa spetta a noi fare in quanto persone e stiamo cominciando a fare affidamento a quanto la tecnologia fa meglio di quanto potremmo fare noi stessi.

Negli ultimi anni ho cercato di catturare la natura del cambiamento tecnologico. In parte ne ho parlato sui blog, in parte ne ho trattato in presentazioni e pubblicazioni, altro si può trovare su delicious.

Alcuni temi ricorrenti:
augmentation
aggregation
semantic web
location-based services (geoweb)
data overlay
smart information
visualization
social media
open data and data in general
Internet of things
cloud computing
mobile technologies
Analytics and monitoring

A questa lista potremmo ancora aggiungere “filtering”, gli strumenti del tipo “like this”, gli strumenti di annotazione (diigo), il wearable computing e così via.

Questi i temi chiave al centro del concetto di xWeb

  1. Il mondo fisico e quello virtuale  si stanno in qualche modo compenetrando, come evidenziato dai browser in “augmented reality” (Layar) e da servizi quali Yelp e Foursquare.
  2. I dati cominciano a giacere sugli oggetti fisici ( graffiti digitali e sovrapposizioni contestuali/storiche così come il web 3D)
  3. I dati cominciano a diventare più intelligenti – piuttosto che semplicemente puntare ad altre risorse ( ad esempio gli URL), i dati cominciano ora a quantificare la natura di quella connessione.
  4. Gli oggetti fisici stanno proiettando la loro presenza nel digitale (l’internet delle cose)
  5. Sempre più spesso i dati vengono registrati nella “cloud” che permette un accesso migliore ad un più ampio range di dispositivi.
  6. I dati sono sempre più “aperti” in modo da permettere nuove combinazioni da parte degli utenti finali… Google map è stato uno dei primo esempi del potere della logica “open”, in questo seguito da molti esempi ( incluso open street maps).
  7. L’abbondanza di dati aperti, di nuove sorgenti di dati (social media, sensori) e di numerosi usi dei dati (overlay, digital graffiti, social networks) rende possibile l’effettuazione di analisi avanzate circa gli utenti finali o il corrente “state of mind” della società (ad esempio i trend di Twitter). Le connessioni significano qualcosa. Man mano le connessioni tra persone, tra persone e dati e tra dati e dati divengono maggiormente abbondanti ed esplicite, possiamo guadagnare una maggiore conoscenza di cosa le persone stiano pensando e di come si preparano ad agire.
  8. Dati più intelligenti insieme a migliore capacità di analisi preparano il terreno per una capacità di fornire contenuti, socializzazione e prodotti altamente personalizzati.
  9. Dati + analisi + personalizzazione richiede la formazione di calcoli predittivi: “poichè tu appartieni a questo gruppo demografico, ti piacciono questi film, sei amico di queste persone, allora ti piacerà questa marca di caffè”.  Non siamo noi a cercare i dati, sono i dati a trovarci. In un certo senso, i dati ci conoscono.

Moltiplicazione degli accessi e banalizzazione

Queste considerazioni prendono spunto dal post La rete tradita di Mario Rotta che, ancora una volta lucidamente e brillantemente, mette in evidenza la distanza abissale tra quelle che erano considerate le possibili evoluzioni della rete e la dura e cruda realtà delle realizzazioni cui quotidianamente assistiamo. Mario, sono con te!  Ciò che dici fa male: a fronte delle possibilità veramente “rivoluzionarie” dello stare in rete assistiamo anche qui al dilagare, guarda caso, di una preoccupante e mortificante mediocrità. Nè, d’altro canto, può essere di consolazione la constatazione della non esclusività del fenomeno: se guardiamo agli altri settori critici e strategici per il prossimo futuro del nostro paese, ad esempio a scuola e a politiche energetiche, rischiamo di farci prendere da un irrimediabile sconforto.

Non bello.

Peggio: temo che si tratti di qualche cosa, di una dinamica, del tutto connaturata con la natura dell’essere umano, una dinamica che agisce una trasformazione in senso banalizzante dell’oggetto di volta in volta di interesse. Un classico esempio è, per me, la dinamica che si instaura quando si vuole proteggere un ambiente naturale Leggi tutto “Moltiplicazione degli accessi e banalizzazione”

Il gusto dell’intelligenza

Sottotitolo:

Come l’uso dei blog possa sconfiggere le logiche giornalistiche di mercato e farci recuperare la riflessione e l’uso dell’intelligenza.

L’articolo di Vittorio Zucconi su Repubblica e la conseguente riflessione di Mario Rotta sul suo blog affrontano il tema di grande attualità offerto da facebook e dai suoi utilizzi. Non sarei capace di aggiungere granchè ripetto a quanto brillantemente esposto da Zucconi e da Rotta, ma colgo l’occasione per puntare il dito contro le modalità e le maniere del giornalismo, maniere deleterie perfino quando a scrivere è una persona che stimo e che leggo molto volentieri come Vittorio Zucconi. Non sto parlando delle testate giornalistiche (Il Foglio, Il Giornale, La Padania . . .) che quando le vedo in edicola mi viene da pensare di essere stato improvvisamente catapultato a Paperopoli, tanto finti, calcati e paradossali mi sembrano gli articoli che campeggiano in prima pagina. No, parlo della stampa normale e mediamente colta, perfino moderata, che tuttavia non riesce, forse nemmeno può, sottrarsi alla logica “piaciona” di solleticare in qualsiasi modo la curiosità e l’interesse del lettore. Nemmeno può per esigenze di mercato, perchè deve vendere, deve piacere, deve creare la notizia. Ecco quindi nell’articolo di Zucconi campeggiare abbondantemente parole come “miliardi”, “guerra”, “mondo”, “grande fratello”,”complotto” . . . Ecco la proposizione delle paure sulla privacy. Ecco: le paure!

Io credo che questa sia una cosa che sta danneggiando un pò tutti e che ci sta rendendo davvero un cattivo servizio sia in termini strettamente informativi, sia, ed è più grave, in termini formativi.

Ecco perchè, nonostante da qualche parte se ne stia già prevedendo la possibile fine, sono sempre più convinto della opportunità di leggere dei buoni blog, ovvero di andarsi a cercare degli ambiti di riflessione, come questo offertoci da Rotta. Qualche volta, per favore, lasciamola perdere l’eccitazione! Volendolo dire in altre parole: per favore, di tanto in tanto, lasciamolo perdere questo “mercato” : qualche volta, per favore, lasciamoci prendere dal gusto di recuperare, perfino d’usare, la nostra intelligenza.